di Luigi Mazzella
Nel messaggio, pronunciato dal Pontefice in occasione, della 57maGiornata Mondiale per la Pace, abbiamo ascoltato dalla viva voce della più Alta Autorità ecclesiale la preoccupazione per un possibile trionfo (considerato, ça va sans dire, dannoso) dell’intelligenza artificiale (acronimo: I.A.)
Il Papa attuale (che intende mostrarsi sempre molto attento ai problemi della contemporaneità) non esita a fare propri i temi del più vivo dibattito politico, ma il rischio (suo e di chiunque si occupi del problema) è la caduta in una di quelle trappole create dalla confusione di concetti e di linguaggio che caratterizza la vita dell’Occidente.
Per evitare tranelli e trabocchetti suggerisco un “giochino” che altera (ipoteticamente) la realtà ma può dare soluzioni che ci avvicinino al vero.
Immaginiamo che all’epoca della civiltà greca vi fossero elettronica e digitale e che i nostri antenati (nel caso specifico di noi meridionali, della Magna Grecia) avendo scoperto l’intelligenza artificiale immagazzinassero nell’hardware di cervelloni elettronici i dati delle loro indagini e scoperte nel campo della filosofia empiristica e sperimentale, della matematica e dell’astrofisica, della logica e della razionalità pura, e visioni religiose (dei più ingenui, ovviamente) di un Olimpo pagano che accoglieva anche divinità estranee alla cultura greca, e, dopo avere fatto ciò, chiedessero risposte per qualche problema sul tappeto.
Non avrei alcun dubbio sull’utilità di risposte dell’intelligenza artificiale, perché, considerata la natura dei dati immessi, l’I.A. fornirebbe risposte ragionevoli e di buon senso.
Immaginiamo, ora, la stessa situazione dopo la mediorientalizzazione dell’area del Mediterraneo, a causa delle immigrazioni giudaico-cristiane.
Nell’hardware del “cervellone” digitale si im-metterebbero dati di un pensiero pesantemente condizionato dall’irrazionalità sia sul piano religioso sia su quello politico, di “credi” acritici desunti da utopie irrealizzabili (e da sogni ad occhi aperti) religiose (mediorientali ma divenute di casa nei nostri confini) o politiche platoniche egemoni (autoritarie, anticipatorie di fascismo e comunismo), di tesi circa l’esistenza di popoli eletti (ebraici) o amati più di ogni altro da Dio (tedeschi), di idee fantasiose di una uguaglianza universale o per amore diffuso tra i figli di un Creatore generoso o per effetto di una lotta di classe e di riscossa dei diseredati contro i ricchi; di storie di massacri reciproci tra ebrei, cristiani, islamici (o con i loro ancora più turbolenti gruppi eretici e scismatici) non per istinti di conquiste territoriali ma per divergenze di vedute su “misteri” insondabili definiti “dogmi”, di giaculatorie sui “buoni Occidentali” esportatori di “democrazia” (concetto rubato ai Greci) e di “rispetto dei diritti umani” (diffuso nella Roma Repubblicana).
Se ciò avvenisse, che tipo di risposte dovremmo attenderci dall’intelligenza artificiale?
Le stesse risposte aberranti che, a mio giudizio, ha dato, per due millenni, l’intelligenza naturale, produttrice “esclusiva sul pianeta” di un miscuglio culturale (religioso, filosofico, politico, letterario, storico) che mette costantemente in pericolo, per i suoi assolutismi ideologici intolleranti, la pace tra gli abitanti del Pianeta.
La “Babele”, che è stata eretta in duemila anni da astrattismi avulsi da ogni visione concreta della realtà ci fa temere che, naturale o artificiale che sia l’intelligenza che finirà con l’essere prevalente, la parte di mondo da noi abitata, come “l’Agnese”del bel film di Giuliano Montaldo “va a morire”, realizzando la terribile previsione di Spengler!