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17 Novembre 2024

Chi siamo

La giustizia politica

di Luigi Mazzella

L’ascia di guerra della nostra casareccia “pulzella” continua a roteare minacciosa: L’Italia continua a fornire aiuti a Zelensky (lo ha dichiarato orgogliosamente Crosetto) anche dopo che gli Stati Uniti d’America li hanno bloccati ed è tra i primi Paesi del mondo ad approvare i raid anglo-americani nello Yemen. Le note di “Vincere” e dei canti di guerra degli anni Quaranta continuano a riecheggiare nella mente dei “nostalgici” di Mussolini ( soprattutto di quelli ancora in vita). E’ cambiato il “nemico” ma per un vero “guerriero” l’importante è che un avversario ci sia.
Le cose per Meloni, camerati e coalizzati non vanno in modo altrettanto “entusiasmante” per essi, negli “affari interni” del Paese.
Dopo aver peggiorato la legge Fornero nella direzione “vituperata” e dato agli Italiani “intingoli” sinistrorsi di pauperismo a go go e a buon mercato, lo stallo politico si è impadronito della compagine al governo.
Unico ”faro” nel buio di una compagine ministeriale che procede a tentoni su tutto è rimasto il solo Ministro veramente tecnico, Carlo Nordio, cui dovrebbe competere il compito di recidere con il bisturi la cosiddetta “giustizia politica”.
Sul punto occorre soffermarsi.
La commistione tra attività giurisdizionale e attività politica non può farsi risalire, come altre sciagurate caratteristiche del sistema occidentale, alla “mediorientalizzazione” dei Paesi Europei, causata dalle immigrazioni (pacifiche) di ebrei e cristiani né alla barbarie dei giudizi sommari introdotta (con guerre violente) dai popoli del Nord-Europa.
Anche nell’antica Grecia, il popolo in Assemblea non andava troppo per sottile nel farsi giustizia. Il peggio, però, era sopraggiunto con il Medio Evo e ai tempi dell’Assolutismo regio.
Ai tempi odierni, in cui l’Occidente si nutre di ipocrisia formale e di una bene articolata propaganda di sostegno alla sua cosiddetta “civiltà”, si afferma, di consueto, che la presenza di uno Stato di diritto evita ogni ipotesi di giustizia politica.
C’è, ovviamente, chi dice che non è vero e non crede a una tale apodittica affermazione.
In America del Nord, come in Inghilterra, Paesi egemoni dell’Occidente, non v’è nulla che possa veramente garantire l’imparzialità dei giudici e impedire (magari anche in base alle scemenze del “me-too”) che essi siano portatori di interessi politici o personali.
In più, in Italia, a peggiorare tale situazione, vi è la mancanza di ogni responsabilità dei magistrati per il loro male operare.
Se in tutto l’Occidente la situazione per la giustizia è di stallo assoluto, nel “Bel Paese”, dopo la pubblicazione di ben due libri di Alessandro Sallusti sul “Sistema” che ha raccolto le confessioni di Luca Palamara, Presidente per quattro anni dell’Associazione Nazionale Magistrati e per un altro quadriennio Membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, il problema dell’uso politico della Giustizia, con la denuncia del malaffare di “lobby e logge”, è divenuto di dominio pubblico sino al punto di essere definito un vero cancro nazionale.
A questo punto, persino Giorgia Meloni, bene attenta ad allinearsi su tutti gli indirizzi politici per la sua condotta di governo provenienti da Oltreoceano, ha dovuto porre il problema della giustizia politica nell’Agenda della sua compagine ministeriale.
La presenza di Nordio nel Governo e la speranza di una riforma del sistema giustiziale italiano dopo anni e anni di attesa (il mio primo articolo sulla necessità di separare le carriere di P.M. e Giudici risale al 1982 ed è contenuto in un articolo apparso su “Mondoperaio” di quell’anno) rappresenta anche per chi non ha alcuna simpatia per una compagine diretta da una Presidente neo fascista (per giunta allineata, ad oltranza e con un clamoroso voltafaccia, su posizioni filo statunitensi) l’unica nota positiva in un programma di governo senza testa né coda.
Già dalle prime avvisaglie, si può dedurre, però, che il gentiluomo che siede a via Arenula non avrà vita facile, nonostante si stacca di molto dalla mediocrità di tanti suoi colleghi.
Già sul suo primo, timido provvedimento iniziale, tendente ad abrogare e modificare le norme sull’abuso di ufficio, è stato aperto il fuoco di fila dello schieramento filo-statunitense.
Il primo attacco demolitorio è venuto com’era prevedibile dall’Unione Europea con Ursula Von der Leyen,
Sul fronte interno la Sinistra si è subito allineata alle posizioni di Lilli Gruber che ha invitato, alla sua trasmissione, “Otto e mezzo”, Marco Travaglio che ha sparato, come suole dirsi, “ad alzo zero”, per conto de “Il fatto quotidiano”, giornale sedicente di contro-informazione, ma, guarda caso, sempre su posizioni gradite agli anglo-americani (vedasi anche: ponte sullo Stretto e flat-tax); a parte quelle tipiche e altrimenti utili degli “agenti provocatori”.

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