“Chi si candida al Parlamento europeo poi deve compiere quel mandato. E non credo che la segretaria del Pd deputata in Italia o, a maggior ragione, la signora presidente del Consiglio, abbiano voglia di dimettersi il giorno dopo per assolvere al mandato in Europa”. Lo spiega Emma Bonino, leader di +Europa, a QN. Nell’intervista commenta la possibilità dei leader di partito di candidarsi alle europee. “L’atteggiamento di Meloni e, a quanto pare, anche di Schlein, a me sembra la prova provata che né all’una né all’ altra importa dell’Europa, ma piuttosto sono prese dalle sole dinamiche e convenienze tutte nazionali. Per non parlare della presa in giro per gli elettori italiani, che votano, con il sistema delle preferenze, una persona e poi se ne ritrovano un’altra. Segnalo peraltro che, per quanto riguarda Meloni, emerge un altro dato non irrilevante: chi è alla guida di un Paese non può anche pensare di candidarsi al Parlamento europeo quando rappresenta l’Italia negli altri organi dell’Ue”. Le elezioni Europee, sottolinea l’ex ministra, “sono un appuntamento troppo importante per essere ridotte a una contesa personale fra leader”. La posta in gioco “è il rilancio del progetto di integrazione europea prima che sia troppo tardi. In questo senso, oggi, ancor più che per il 2019, sono in ballo la democrazia, la tutela dei diritti e delle libertà per come li conosciamo e la loro progressione contro una visione autoritaria e chiusa dei nazionalismi che strizzano l’occhio a Putin – conclude -. Soltanto l’Unione europea può rispondere alle grandi sfide sociali della nostra epoca. E proprio per questo mi risulta incomprensibile l’atteggiamento di chi, specie tra i leader di partito che si definiscono progressisti, non ne comprenda la portata”.