di Angelo Giubileo
Molte delle parole che usiamo quotidianamente hanno un’etimologia greco-antica; e tuttavia occorrerebbe sempre chiedersi quale sia l’etimologia degli stessi termini greco-antichi, e così via, a ritroso nel tempo, inseguendo il significato originale o iniziale delle “parole che – scrive Giovanni Semerano nel suo L’infinito: un equivoco millenario – crearono il mondo”. L’indagine dell’illustre filologo, arricchita negli anni a venire da altri importantissimi studi e ricerche, attesta un fatto, prioritario a qualsiasi indagine, svolta o da svolgersi, e cioè: “l’usanza di dare molti nomi al medesimo topos” (G. de Santillana, H. von Dechend – Il mulino di Amleto).
Topos è parola greca che il dizionario traduce con “luogo, posizione, ruolo, funzione, soggetto, materia”; e quindi toponimo, termine che chiaramente deriva da topos, può essere piuttosto inteso come il nome proprio del luogo (di riferimento). Ma è tradizionale – molto più spesso presso gli antichi che presso i moderni -, ripetiamo, dare molti nomi al medesimo topos e “dunque, sarebbe la stessa fiducia nell’usanza di dare molti nomi al medesimo topos – e, in genere, la fiducia nei sinonimi – a imporre, per così dire, la distorsione delle traduzioni” (Ibidem).
Distorsione delle traduzioni o interpretazioni degli eventi.
Ciò premesso, l’odierno maggiore scandalo sarebbe quello di assistere a una nuova “guerra mondiale a pezzetti” (cit. Jorge Mario Bergoglio, 2013) ovvero a una rinnovata presenza dell’uso della forza in un perenne scontro tra religioni, politiche e civiltà. Nello specifico, il termine “civiltà” è stato usato e propagato dallo scienziato politico statunitense Samuel P. Huntington nell’ambito del suo libro, uscito nel 1996, con il titolo: Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale. L’interpretazione sviluppata nel testo dapprima accomuna il topos dell’“Occidente” – inteso come Stati Uniti, Europa occidentale e annessi – al topos della “modernità”, e quindi pone l’interpretazione di codesto topos, relativo all’idea (greco-latina) di “civiltà”, in contrasto e in conflitto con le relative “altre”.
E allora non c’è dubbio alcuno che l’interpretazione huntingtoniana abbia generato molti seguaci ma altrettanti nemici, finanche all’escalation militare di questi giorni, che vede gli uni e gli altri schierati su opposti fronti di battaglia. Anche se molti sostengono che l’Europa – e non mi riferisco qui al fantasma dell’Unione(!) – preferisca piuttosto restare a guardare gli eventi, gli sviluppi e quindi gli esiti, evitando, a ogni passo, come comunemente si dice, di fare esercizio della propria forza. Ma questo detto è una pura e semplice falsità e ipocrisia.
Tutto deriva dall’esercizio di rapporti di forza. Rispetto a un lontano passato (sic!), in cui le categorie greche di “Oriente” e “Occidente” non esistevano affatto, nell’allora territorio della Mesopotamia frasi come “Ninurta è il Marduk della forza” e “Nergal è il Marduk della battaglia” venivano comprese da tutti e facevano riferimento a un continuo (e costante) equilibrio delle forze che sostenevano e sostengono tuttora ciò che gli antichi greci hanno chiamato cosmo.
Nel 2017, due autori (Richard H. Thaler e Cass R. Sunstein) hanno pubblicato un libro, che in Europa ha avuto un discreto successo, dal titolo Nudge – la spinta gentile. L’idea o teoria in esso sostenuta è quella di regolare i rapporti “civili” mediante una “spinta gentile” – e quindi una forza, sia pure “gentile”, ma pur sempre una forza (!) – piuttosto che mediante obblighi, divieti e premi. Dopo circa trent’anni, è però facile constatare come la guerra si sia invece progressivamente manifestata e allargata; e, in generale, sia all’esterno che all’interno dei confini delle Nazioni.
Si diceva anche, anticamente, che è “dai frutti (che) si riconoscono i falsi profeti”. Giudizio che, evidentemente, non può che rispecchiare anche l’attualità.