di Valeria Torri
Sono le parole di Chiara Valerio, scrittrice, curatrice editoriale, dal 2021 con La Repubblica, che, parlando dell’amica Murgia, spiega come e perché creare ogni giorno il mondo che ci circonda è un gesto politico. «Michela Murgia parla di sé stessa a noi e del noi, noi tutti come sé stessa, come se la società sia un problema suo. La società è un problema di ciascuno di noi: in questo consiste il suo gesto politico».
Splende Michela Murgia, ha detto la matematica e scrittrice Valerio in un accostamento geniale per la capacità di condensare, in tre parole, senso e potere dell’eredità di Michela Murgia per tuttə noi.
Michela Murgia (1972 – 2023) ha esordito come scrittrice nel 2006 con Il mondo deve sapere. Tra le sue opere, tradotte in più di trenta paesi, Accabadora (Premio Campiello 2010), Ave Mary (2011), Chirù (2015), Istruzioni per diventare fascisti (2018), Stai zitta (2021) e God Save the Queer. Catechismo femminista (2022). Insieme a Chiara Tagliaferri è stata autrice di Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe (Mondadori, 2019) e Morgana. L’uomo ricco sono io (Mondadori, 2021).
Con l’uscita postuma di Dare la vita (Rizzoli, 2023) Murgia ricompare dopo la morte in un atto narrativo incredibile, in cui le parole sono così potenti da darle la forza di imporsi nel dibattito politico anche senza di lei, chiedendo un cambio di legislatura a tutela dei diritti di chi non è consanguineo, contro il «mito» della famiglia tradizionale.
Michela Murgia ha cominciato a scrivere questo libro a fine luglio 2023, terminandolo il 7 agosto 2023. Dopo tre giorni è scomparsa. Sei mesi: pare fosse questa, in origine, la scadenza che si era imposta per consegnare il dattiloscritto all’editore Rizzoli. La malattia l’ha invece costretta a cambiare i suoi piani e lei si è trovata a dover sigillare il libro in meno di sei settimane, dettandolo a Raphael Luis Truchet e a Riccardo Turrisi, due dei suoi quattro «figli d’anima» o «figli logici», diversi dai figli biologici perché frutto di una scelta, dice.
Dare la vita fa rumore ma non esaurisce il discorso. Sul finire di quella che potremmo leggere come un’introduzione l’autrice scrive: «Vi chiedo di portare pazienza. Quando qualcosa non vi torna datemi torto, dibattetene, coltivate il dubbio per sognare orizzonti anche più ambiziosi di quelli che riesco a immaginare io». Il senso di questo testo, così breve e prezioso, è appunto quello di porre interrogativi per il domani, mettere sul tavolo tutte le sillabe, o le lettere addirittura, per procurare, insieme ai lettori, un discorso nuovo, ampliando i confini di quello già esistente.
A curare la pubblicazione è Alessandro Giammei, professore di letteratura a Yale, nonché suo «figlio logico». «È un libro toccante, sulla genitorialità», ha detto Giammei già il giorno dopo la scomparsa della scrittrice, che riporta qui i concetti della sua famiglia queer, la famiglia creata. Nel pamphlet Dare la vita, Murgia scrive: «La mia anima non ha mai desiderato generare né gente né libri mansueti, compiacenti, accondiscendenti. Fate casino».
Dalla famiglia queer alla gestazione altrə (GPA), Murgia argomenta le sue posizioni, tanto che questo libro è manifesto politico e in ciò, sembra, vi sia il senso di un potere che riverbera in chi ha voluto accogliere la sua eredità.
Una responsabilità, forse, per chiunque si sia sentitə rappresentato dalle sue battaglie. Ciascunə di noi che, con lei presente, non abbia sentito il bisogno di dire la propria, oggi, non deve rinunciare a nessuna occasione di esprimersi.
Tutto ciò che Murgia ha detto e incrociato: politica, letteratura, proteste, simboli, teologia, filosofia, musica coreana – i suoi amatissimi BTS – prese di posizione, ci ha lasciato quel «Noi siamo tempesta» a quale non dobbiamo rinunciare.
Personalmente, quando ho sentito Chiara Valerio parlare di lei al suo funerale coniugando il tempo al futuro non avevo capito.
Non avevo capito cosa volessero significare davvero le sue parole dedicate all’amica che, da quel momento, avrebbe cominciato a splendere: «Parlo di gesti perché Michela Murgia sarà una performer anche dopodomani e il mese prossimo. Dopo l’interpretazione del bollino delle banane sulla copertina del numero di Vanity Fair sul Queer che ha curato, mi aspetto altre sorprese, altre maschere, metamorfosi, scherzi. Ribadirà che la cucina è politica, le donne sono politica, i sanpietrini sono politica, ridere è politica, vestirsi è politica, scrivere è politica, parlare è politica, ascoltare è politica, dissentire è politica, dirà e che è politico usare la propria libertà per liberare gli altri».
Per lungo tempo, Michela Murgia ha condiviso i suoi pensieri attraverso romanzi, saggi, podcast, social media. Nelle ultime settimane della sua vita, ha raccolto queste riflessioni, un concentrato denso di idee che partendo dalla sua esperienza personale, da un diverso approccio alla maternità, mostra come sia possibile donare la vita senza un legame biologico, come i legami dell’anima possano arricchire quelli di sangue. Ed è questa forse l’eredità più grande della scrittrice, quella che ci insegna ad accogliere e non a escludere, perché «aprire all’altrə non riduce ma amplifica l’amore».
A Vanity Fair aveva descritto così la sua famiglia. «Mi piace definirla ibrida. Ho scelto come anello nuziale una rana ad altorilievo perché è un animale di terra e di acqua, sempre pronto al salto, quindi al cambiamento, rappresenta bene la queerness in natura. Non voglio chiamare la mia famiglia non convenzionale, perché sono sicura che nella realtà queste famiglie siano già diffusissime: le persone hanno esigenze che gestiscono inventandosi rapporti che possano soddisfarle. Non esiste un nome per questa creatività degli affetti: il problema è togliere gli aggettivi e declinare le famiglie finalmente al plurale».
Le stelle brillano in cielo e rischiarano la Terra. A differenza dei pianeti, che sono formati da materia ordinaria e splendono di luce riflessa, le stelle sono globi di plasma e brillano di luce propria alimentate dalle reazioni termonucleari che avvengono nel loro nucleo. Durante la loro esistenza le stelle, partendo dagli elementi più semplici come idrogeno ed elio, generano via via quelli più complessi, compreso il carbonio che, insieme ai suoi composti, è all’origine delle forme viventi a noi note. Dalle stelle dipende dunque, in molti modi, la nostra stessa esistenza, e in fondo anche noi «siamo polvere di stelle», come sostiene l’astrofisica Margherita Hack.
Tale è l’esistenza di Michela Murgia e il suo riverbero.