di Angelo Giubileo
Le parole di internet non cambiano la realtà delle cose. Realtà che è da sempre in continuo movimento e gli antichi (oggi sedicenti “conservatori”) – a differenza dei moderni (oggi sedicenti “progressisti”) – pensavano che le parole potessero servire in qualche modo a comprenderla meglio, ma senza mai perderla di vista. E così, da almeno due anni, qui in Europa, a seguito dei fatti della realtà, le parole di maggiore uso comune sono cambiate.
I fatti dell’Ucraina hanno riportato in auge parole come “guerra”, “storia”, “geografia”, parole praticamente scomparse dal linguaggio della retorica globalista di inizio secolo. Parole espunte dalla realtà, come se fosse stato e fosse possibile “uscire dal mondo”, uscire dalla guerra, dalla storia, dalla geografia del nostro quotidiano, dei nostri territori e delle nostre vite.
E allora, da sotto lo schermo di Google Maps, riemerge lo spazio fisico, e cioè reale, che ci circonda e ritornano parole, precedentemente cadute in disuso, come geopolitica e geoeconomia. E accade che, come indicato dal premier albanese Edi Rama, ci si accorga che l’Albania, pur non essendo contemplata dall’Unione Europea, sta lì, nel territorio europeo, da millenni e più. E lo stesso, soprattutto, per l’Africa e i suoi migranti.
Tanto che, in risposta a un commento della Schlein, ieri Giorgia Meloni – nell’atto di sottoscrivere un importante accordo politico ed economico con uno dei leader africani – abbia seccamente risposto: “Vergogna in Egitto? Non sono candidata col Pd”. Questo può anche significare che la campagna per le prossime elezioni europee sia così entrata nel vivo, ma – personalmente – vorrei ricordare alla Schlein e agli altri che, nel corso di questi anni con loro al governo, il mantra è stato: “I conti sono a posto”, ma – personalmente aggiungo – il malato moriva. Come dimostrano i fatti dell’Ucraina, e tantissimi altri.