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23 Novembre 2024

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La riflessione socialista su Toti. Ecco Valvano

dall’Avanti di Livio Valvano

Giovanni Toti è tornato in libertà solo a seguito delle sue dimissioni da Presidente della Giunta della Regione Liguria.

Con un gioco di astrazione, separando la vicenda umana dalla carica istituzionale, possiamo dire che l’uomo Giovanni Toti ha riacquistato la libertà, ma il Presidente è stato condannato alla pena capitale con l’esecuzione immediata, senza neanche un processo sommario.
Questa è la nuda verità dei fatti.
Non è neanche la prima volta che accade a un esponente istituzionale di un governo locale.
Nella conferenza stampa “post-liberazione”, Toti parla con chiarezza dei nodi della sua vicenda, quelli che la politica dovrebbe affrontare.
Dobbiamo tener presente un particolare, tutt’altro che trascurabile: a Giovanni Toti non vengono contestati reati di corruzione per aver ricevuto denaro o vantaggi, diretti o indiretti, per sé o suoi familiari.
Le contestazioni sono legate a finanziamenti del comitato elettorale Ligure, tutti tracciati attraverso conti correnti bancari – non esteri ma italiani – finanziamenti che la Procura lega a presunte facilitazioni che Toti e la sua Amministrazione avrebbero assicurato ad alcuni imprenditori; attività che Toti rivendica come dovere politico-istituzionale, di sostegno e di promozione del tessuto imprenditoriale.
Non ci sono conti all’estero, borse di denaro, né tesori nascosti in casa, insomma non esiste una fragranza di reato e non ci sono stati ostacoli per l’inchiesta, ma tutto è stato rintracciato attraverso i rendiconti e i movimenti bancari a disposizione degli inquirenti sin dal primo momento.
La Procura contesta il reato e ravvisa l’esistenza dei presupposti per gli arresti cautelari, prima dell’inizio del processo, ritenendo possibile “la reiterazione” del reato.
Il rischio di reiterazione del reato, secondo la Procura, coincide con la carica istituzionale in sé. Infatti, nonostante il Presidente abbia rigettato e affermato la sua totale innocenza, sono bastate le dimissioni dalla carica di Presidente a restituire la libertà all’uomo Giovanni Toti.
Ecco che l’esercizio della carica diventa essa stessa la causa che fa scattare il provvedimento cautelare.
C’è un punto politico molto significativo, che riguarda questa vicenda come tante altre.
Il vero nodo è la legge e il legislatore che da 30 anni non affronta il nodo centrale della materia della Giustizia e del suo rapporto con la Politica.
Ciò che bisogna regolare è il rapporto tra i provvedimenti cautelari – oggi ipertrofici – e l’inchiesta giudiziaria, che è sempre giusto farla senza restrizioni, quando ci sono gli elementi, tenendo presente che un politico non può essere esentato da eventuali responsabilità penali per la sua condotta.
Da 30 anni il Parlamento e i Governi hanno legittimato la presenza di uno strumento, quello della custodia cautelare, fortemente influenzato e guidato dall’apparato investigativo, applicato dai PM.
Avere il comando dei servizi e dell’apparato investigativo, da parte di chi governa e della sua maggioranza, significa, in qualche modo, avere in mano strumenti che possono incidere sulla dinamica politica dei Governi locali (Regioni, Province, Comuni, Aziende e Agenzie Pubbliche).
Allora possiamo dire che, a pensarci bene, il dibattito sull’abuso d’ufficio, forse, appare quasi come lo specchietto per le allodole, rispetto ai meccanismi più penetranti, come la custodia cautelare.
Possiamo aggiungere che la polemica sull’azione della magistratura rispetto alla politica è, verosimilmente, viziata, montata per distrarre l’attenzione.
E’ la politica, il Parlamento, il Governo in particolare, che mantengono la vigenza di strumenti giudiziari che le Procure applicano.
Non è un caso se ogni Governo e i principali leader si preoccupano, fra l’altro, di acquisire la più alta influenza sugli apparati e i servizi, in particolare, ma non toccano mai le norme che disciplinano la custodia cautelare.
E’ legittimo sospettare che mantenere in vita strumenti così pervasivi e discrezionali rappresenti una tentazione molto forte per chiunque gli capiti, nella vita, di “abitare temporaneamente” a Palazzo Chigi ?
Sono interrogativi e riflessioni che Giovanni Toti avrà sicuramente fatto nei trascorsi 86 giorni, durante i quali avrà valutato anche il ruolo del “fuoco amico” che, in questi casi, non manca mai.

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