“Ci sono due cose durature che possiamo lasciare in eredità ai nostri figli perché crescano: le radici e le ali” scrisse una volta William Hodding Carter II, giornalista americano.
Una riflessione che è perfetta sintesi del successo di Forza Italia.
Silvio Berlusconi, alla faccia di quanti teorizzavano il partito di plastica, ha lasciato ai suoi eredi ‘radici’ ed ‘ali’. Il custode, il ‘figlio prediletto’ che guida la comunità, è Antonio Tajani.
Il vice premier, con un lavoro serio e meticoloso, ha ancorato il futuro azzurro alle radici antiche. Quelle piantate nel popolarismo europeo, nell’atlantismo intelligente, nelle battaglie per le libertà, in quelle per il garantismo. Ha tenuto la barra dritta e con un ritmo incessante di iniziative ha evitato che la comunità sbandasse. Ha impedito che altri potessero occupare il campo di gioco moderato. Bravo lui, troppo litigiosi e senza prospettive quelli che immaginavano l’alternativa.
Le ali, fondamentali per continuare il volo, in un gruppo dirigente organizzato su figure ‘storiche’ e su discreto rinnovamento. Al netto di sbavature fisiologiche l’operazione è riuscita.
Antonio Tajani più di altri, dunque, ha lavorato per costruire un futuro, consolidare un percorso. Molti immaginavano la scomparsa degli azzurri. Sbagliavano tutti.
Forza Italia nelle prossime settimane, alla luce del complicato momento internazionale, alla luce delle sfide europee, sarà sempre più centrale. Ne è consapevole la Meloni, ne soffre Salvini.
Sarà, Forza Italia, determinante, nella politica interna, per la tenuta del Governo. L’esperienza del centrodestra a Palazzo Chigi è legata alla presenza degli azzurri. Al netto dei numeri è inimmaginabile una esperienza senza i rappresentanti della famiglia popolare europea, senza la più grande forza moderata del Paese.
Un capolavoro firmato Tajani.