“Per quanto riguarda le funzioni di materie difficilmente trasferibili dato ‘onere di giustificare la devoluzione alla luce del principio di sussidiarietà”, la Corte costituzionale nella sentenza sull’Autonomia differenziata depositata individua: quelle che riguardano il “commercio con l’estero”; la “tutela dell’ambiente”; la materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”; le materie “porti e aeroporti civili” e “grandi reti di trasporto e di navigazione”; le funzioni relative alla materia “professioni” ed infine le “norme generali sull’istruzione” per le quali “non sarebbe giustificabile una differenziazione che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l’intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell’identità nazionale”. Per quanto riguarda il commercio estero, la CONSULTA cita “l’art. 3, paragrafo 1, lettera e) del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue)” ricordando che “riserva alla competenza esclusiva dell’Unione europea la ‘politica commerciale comune’, che è poi regolata dall’art. 207 Tfue. In attuazione di tale politica commerciale, l’Unione adotta regolamenti e conclude accordi con Paesi terzi e organizzazioni internazionali. Pertanto, con riguardo al commercio con Paesi terzi, gli spazi lasciati agli Stati membri sono residuali”. Secondo la Corte, tra l’altro, “le trasformazioni intervenute sul piano geopolitico e geoeconomico hanno avuto forti ripercussioni sulle politiche commerciali, che sempre più si intrecciano ora con le esigenze di sicurezza delle catene globali del valore, ora con gli aspetti riguardanti le relazioni di potere tra gli Stati, attraendole pertanto nella sfera della politica estera, che spetta alla competenza esclusiva dello Stato”. “Per quanto riguarda, invece, il commercio con gli altri Stati membri dell’Unione, le relative regole sono quelle del mercato interno, fondato sulle quattro libertà di circolazione (delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone), in cui abbonda la normativa eurounitaria, con la conseguenza di rendere esigui gli ambiti di intervento legislativo degli Stati membri e delle loro istituzioni territoriali”.
Analogamente – prosegue – per quanto riguarda la “tutela dell’ambiente”, “si tratta di una materia in cui predominano le regolamentazioni dell’Unione europea e le previsioni dei trattati internazionali, dalle quali scaturiscono obblighi per lo Stato membro che, in linea di principio, mal si prestano ad adempimenti frammentati sul territorio, anche perché le politiche e gli interventi legislativi in questa materia hanno normalmente effetti di spill-over sui territori contigui, rendendo, in linea di massima, inadeguata la ripartizione su base territoriale delle relative funzioni”, scrivono i giudici costituzionali. “Ancora più marcati sono gli ostacoli al trasferimento di funzioni, in particolare di quelle legislative, concernenti la materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia – proseguono – Si tratta, infatti, di una materia disciplinata dal diritto eurounionale in funzione della realizzazione del mercato interno dell’energia, della tutela del consumatore e della sicurezza energetica. A tal fine la disciplina eurounitaria si occupa dettagliatamente della generazione di energia, delle reti di trasmissione, delle reti di distribuzione e della vendita al consumatore, in modo da realizzare un mercato effettivamente aperto, in cui deve impedirsi che un operatore verticalmente integrato possa discriminare l’accesso alla rete da parte di operatori concorrenti o sfruttare informazioni commercialmente sensibili”. Difficilmente trasferibile- per la Corte – anche il sistema elettrico: “deve assicurare l’interoperabilità delle reti a livello europeo, assicurando gli scambi transfrontalieri, col duplice obiettivo di realizzare il mercato europeo dell’energia e di assicurare, in ciascuno Stato membro, la sicurezza energetica, soprattutto in caso di ”sbilanciamento” del sistema nazionale. Pertanto, esiste un principio di solidarietà tra gli Stati membri in campo energetico (Cgue), grande camera, sentenza 15 luglio 2020, Repubblica federale di Germania, in causa C-848/19, punti da 37 a 53), cui devono uniformarsi le regole nazionali e la conformazione delle reti, senza ostacoli su base territoriale”.
A conclusioni simili si perviene per le funzioni concernenti le materie “porti e aeroporti civili” e “grandi reti di trasporto e di navigazione”. “Anche in questo caso, le reti di trasporto e le infrastrutture che ne sono i nodi fondamentali – come i porti e gli aeroporti – sono parti di un sistema euronazionale. Vi è, infatti, una disciplina eurounionale delle reti e dei trasporti, dei piani europei di sviluppo di alcuni grandi direttrici di trasporto (sia ferroviario che su strada), dei progetti di investimento cofinanziati dall’Unione. Ma anche a livello nazionale le grandi reti di trasporto e i loro nodi infrastrutturali sono parti – sottolinea la CONSULTA – di un sistema nazionale, costituente una piattaforma essenziale dell’economia e del mercato nazionale, che richiede, nel rispetto della normativa eurounionale, il mantenimento di fondamentali funzioni, in primo luogo, di normazione, a livello statale”. Sul fronte trasferimento delle funzioni relative alla materia professioni, “sussistono consistenti ostacoli”. “Trattandosi di attività economica, anche le attività professionali, da un lato, sono sottoposte alle regole della concorrenza poste dallo Stato nell’esercizio della relativa competenza diretta a tutelarla e, dall’altro, rientrano nell’ambito della tutela del consumatore, che forma oggetto di regolamentazione analitica da parte del diritto eurounionale”. Anche il trasferimento delle ulteriori funzioni, in particolare di quelle legislative, concernenti “la materia ordinamento della comunicazione incontra ostacoli di ordine giuridico e tecnico, che rendono eccezionali e residuali le funzioni che possono essere devolute. In tale materia confluiscono il diritto delle comunicazioni elettroniche e il diritto di internet, che trovano la loro disciplina in un complesso assai esteso di atti normativi dell’Unione europea, che hanno il precipuo scopo di realizzare un mercato unico digitale che sia inclusivo, competitivo e rispettoso dei diritti fondamentali”. “Gli atti legislativi europei sono, di regola, di massima armonizzazione, lasciando poco spazio agli Stati membri e precludendo, in linea di massima, regolamentazioni territorialmente frammentate che potrebbero fungere da ostacolo al funzionamento di tale mercato”.
Infine, con riferimento alle “norme generali sull’istruzione”, “questa Corte ha da tempo individuato l’elemento caratterizzante di tale materia nella valenza necessariamente generale ed unitaria (sentenza n. 200 del 2009; più di recente, sentenze n. 168 del 2024 e n. 223 del 2023) dei contenuti che le sono propri; tali norme generali, stabilite dal legislatore statale, ‘delineano le basi del sistema nazionale di istruzione’, essendo funzionali ad assicurare ‘la previsione di una offerta formativa sostanzialmente uniforme sull’intero territorio nazionale, l’identità culturale del Paese, nel rispetto della libertà di insegnamento di cui all’art. 33, primo comma, Cost.’ (sentenza n. 200 del 2009). Non sarebbe quindi giustificabile – rilevano i giudici costituzionali – una differenziazione che riguardi la configurazione generale dei cicli di istruzione e i programmi di base, stante l’intima connessione di questi aspetti con il mantenimento dell’identità nazionale”.