di Donato D’Aiuto
Ammetto la mia ignoranza, fino a un po’ di tempo fa non sapevo neanche cosa fosse Atreju, nonostante io legga da qualche parte che la manifestazione esista dal 1998.
Allora ho approfondito la cosa ed ho visto che negli anni sono stati ospiti della manifestazione sì personaggi considerati “controversi” come Elon Musk, Viktor Orban e quest’anno Javier Milei, ma anche politici come Walter Veltroni, Graziano Delrio, Matteo Renzi e – anche quest’anno – Fausto Bertinotti.
E poi ancora personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo, da Paolo Bonolis a Pietrangelo Buttafuoco, dalla schermidrice Elisa Di Francisca a Luciano Spalletti.
Insomma, un po’ di tutto, come è giusto che sia. Perché fare politica è, prima di tutto, ascoltare il Paese, in ogni suo angolo, negli attici e nei sottoscala.
E, invece, se volessi fermarmi a ciò che mi corre sotto gli occhi sui social a proposito di Atreju, dovrei pensare a un luogo di perdizione, un ritrovo di fascisti che non vede l’ora di riportare l’Italia al più famoso ventennio del secolo scorso. Addirittura leggo che ci si stupisce che dal palco di Atreju si parli bene di Giorgia Meloni.
Incredibile, parlano bene di quella che per prima, nel 1998, ha organizzato Atreju e che si ritrova, a distanza di quasi trent’anni, Presidente del Consiglio. Non è un giudizio su Giorgia Meloni, è un fatto e, come tale, incontestabile.
Sinceramente mi stupisco molto di più di chi si stupisce. Mi stupisco di chi attacca una “festa di partito”, perché in sostanza di questo stiamo parlando. Mi stupisco di chi taccia di fascismo alcuni e dice che certi eventi non si dovrebbero fare (che poi vietarli sarebbe proprio un comportamento fascista).
Ma scusate, alla Festa de l’Unità si va per elogiare Giorgia Meloni, per santificare Silvio Berlusconi oppure per portare avanti le proprie idee di opposizione al Governo attuale?
Ben vengano tutti i momenti di ritrovo, di qualsiasi colore politico siano. La politica è anche questo.
Si sta perdendo, invece, il rispetto per l’idea differente dalla nostra, la voglia di confrontarsi con chi vede le cose in modo diverso da noi. È proprio da quel confronto che nasce qualcosa di importante.
E mi stupisco che l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani abbia scelto proprio la parola “rispetto” come parola dell’anno 2024. Le parole sono belle ma restano vuole se non vengono trasformate in fatti.