di Arianna Liguori
Si dice spesso che noi giovani siamo distratti, superficiali, incapaci di analizzare la realtà con occhi critici. Un pregiudizio radicato, difficile da scardinare, ma che vogliamo ribaltare con questa rubrica: Adole-Scienza. Un gioco di parole che riflette la nostra realtà: adolescenti, sì, ma con una coscienza vigile, attenta, capace di leggere il mondo senza filtri imposti.
Perché la realtà ci riguarda. La vediamo nel ragazzo dai pantaloni rosa che, in un’Italia ancora troppo ancorata agli stereotipi di genere, deve giustificare una semplice scelta estetica. La percepiamo nella rivoluzione digitale che stiamo vivendo, tra intelligenza artificiale e social media, strumenti che ci pongono di fronte a un bivio costante: opportunità di crescita o trappole di alienazione? La riconosciamo nella fragilità del diritto alla privacy, messo sempre più a rischiodall’imperativo di informare e condividere.
Ci accorgiamo di come il mondo sia un equilibrio precario. Lo testimoniano le baby gang, specchio di un disagio giovanile che esplode nelle periferie; lo confermano gli scenari geopolitici in cui l’America, scacchista impassibile, muove i pezzi di conflitti apparentemente irrisolvibili: tra Ucraina e Russia, tra Hamas e Israele. Siamo spettatori di tregue che sembrano più parentesi che soluzioni definitive, mentre la storia si ripete con lo scambio di prigionieri trattati come merce di contrattazione.
Ma esiste anche il dovere della memoria. Il 27 gennaio ci ricorda un orrore che non deve mai diventare un passato sterile, una commemorazione svuotata di significato. La Giornata della Memoria deve essere un monito costante: davvero la nostra società ha imparato la lezione?
Viviamo immersi in parole nuove, neologismi che reinventano il linguaggio e plasmano il nostro modo di comunicare. “Stai chill”, dicono i ragazzi, ma possiamo davvero permetterci di restare indifferenti ai cambiamenti che ci investono? La natura stessa sembra ribellarsi alla nostra noncuranza: incendi e disastri naturali, come quelli di Valencia, ci pongono di fronte alla nostra irresponsabilità. E poi c’è la realtà più vicina, quella dei rider che sfidano la pioggia e il fango per pochi euro, come accaduto a Sarno. Una parabola amara del mondo del lavoro di oggi.
Eppure, nonostante tutto, crediamo ancora nel viaggio come scoperta, come diritto e non solo come lusso. Un diritto costituzionale, un’opportunità di crescita personale e collettiva.
Siamo qui per raccontarlo, con il nostro linguaggio, la nostra prospettiva. Perché essere giovani non significa essere ciechi, e la coscienza non è un privilegio esclusivo degli adulti.