di Luca Lamberti
Da oltre trent’anni, il settore taxi in Italia è un fortino inespugnabile. Governi di ogni colore hanno provato a riformarlo, ma tutti hanno fallito miseramente. Destra, sinistra, tecnici o populisti: nessuno è mai riuscito a scalfire il potere di una categoria che ha saputo difendere i propri privilegi con una determinazione feroce. Ogni tentativo di liberalizzazione è stato stroncato sul nascere da proteste, scioperi selvaggi e pressioni politiche che hanno messo in ginocchio intere città. Il risultato? Un mercato bloccato, tariffe imposte e un servizio spesso inefficiente per i cittadini.
Negli anni ’90, il governo Prodi tentò di aumentare il numero di licenze per stimolare la concorrenza, ma fu costretto a fare marcia indietro sotto la minaccia di una paralisi nazionale. Stesso copione nei primi anni 2000 con Berlusconi, che dovette cedere di fronte alle pressioni dei tassisti dopo aver provato a riformare il settore. Nel 2012, Monti sembrava determinato con il suo decreto liberalizzazioni, ma si trovò di fronte a una resistenza così feroce da spingerlo a un clamoroso dietrofront. Nel 2017, il ministro Delrio (Governo Gentiloni) cercò di regolamentare il rapporto tra taxi e NCC, ma ancora una volta la lobby dei tassisti riuscì a bloccare tutto. I governi successivi, da Conte a Draghi fino a Meloni, hanno promesso riforme, ma la situazione è rimasta invariata: nessuno ha avuto il coraggio di sfidare apertamente un settore capace di mettere in scacco il Paese.
Mentre nel resto del mondo Uber e altre piattaforme digitali hanno rivoluzionato la mobilità urbana, in Italia questi servizi sono stati ostacolati in ogni modo possibile. Sentenze, regolamenti restrittivi e proteste violente hanno reso quasi impossibile la loro diffusione. Il risultato? A differenza di Londra, New York o Berlino, in Italia non esiste una reale alternativa ai taxi, con tariffe elevate, lunghe attese e un servizio spesso inadeguato. Un mercato blindato che soffoca ogni tentativo di innovazione e penalizza direttamente i cittadini.
Ma perché nessun governo riesce a sfidare apertamente questa categoria? La risposta è semplice: i tassisti rappresentano un blocco elettorale potente, capace di far tremare qualsiasi politico. Scioperi, blocchi stradali e pressioni sindacali sono strumenti di ricatto efficaci, che nessuno ha mai osato contrastare realmente. In un Paese dove le lobby più forti riescono a fermare ogni tentativo di modernizzazione, il settore taxi resta uno degli esempi più lampanti di come l’Italia sia incapace di evolversi.
Mentre il resto d’Europa si apre alla concorrenza e alle nuove tecnologie, da noi prendere un taxi resta un’esperienza costosa, lenta e frustrante. Fino a quando questo monopolio resterà intoccabile, l’Italia continuerà a essere un Paese bloccato, dove il cambiamento è sempre rimandato e l’innovazione è vista come una minaccia anziché un’opportunità.