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18 Novembre 2024

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“Nude allo specchio”, ecco Emanuela Belcuore, Garante dei detenuti che vuole portare il sesso nelle carceri

Di Felice Massimo De Falco

Emanuela Belcuore ha partecipato ad un bando pubblico indetto dalla Provincia di Caserta ed é stata insignita a giugno 2020 Garante dei detenuti di Caserta. Da lì i colloqui con I detenuti che avevano subito la mattanza. Entra nelle carceri da circa 5 anni, ha tenuto corsi di scrittura creativa, come volontaria faceva colloqui con i reclusi. Sente forte il senso di libertà, ha come ciondolo portafortuna una libellula. La libertà di pensiero, fisica e mentale quello che con i suoi colloqui vorrebbe “restituire” ai detenuti. Vuole portare a termine il progetto della sessualità in carcere così come il modello spagnolo. Importante il lavoro, creare una rete di imprenditori che possono sostenere il suo progetto. Se non si riesce a mettere il piatto a tavola si torna a delinquere. Occorrono più attività trattamentali. Il carcere è un mondo parallelo, così come i familiari. Trovi tanto amore anche lì, in tutte le sue forme.

Emanuela si mette “a nudo” per noi

  • Cos’è la privazione della libertà?

La mancanza di movimento spazio- temporale. Non essere padroni di gestire il proprio tempo, i propri affetti e di conseguenza la vita. Il carcere toglie la libertà ma non dovrebbe opprimere anche la dignità. Per me la mancanza di libertà è mancanza di ossigeno, forse in un’epoca diversa da questa sarei stata arsa viva come Giovanna D’arco proprio per la voglia di rivoluzionare il sistema

  • Che ruolo hai avuto nella famosa mattanza di Santa Maria Capua Vetere? Sono diventata garante due mesi dopo, giugno 2020. Ho iniziato a fare colloqui proprio con alcuni detenuti che avevano partecipato alla protesta. Era un momento storico particolare, fatto di paure per il covid-19. Una situazione gestita male dove chi rappresentava lo Stato ha dato forti segni di squilibrio che la magistratura ha evidenziato
  • Il carcere, così com’é oggi, riesce a riabilitare chi ha sbagliato?

Il carcere dovrebbe rieducare e reinserire chi ha sbagliato nel tessuto sociale ma spesso diventa la scuola del crimine. La riabilitazione è fondamentale ed avviene attraverso l’istruzione, il lavoro e tutte le attività trattamentali che spesso funzionano male. Manca un ponte tra l’interno e l’esterno che possa permettere al detenuto di fare un percorso di recupero in modo da abbassare la recidiva

  • Conosci una storia di chi al di là delle sbarre ce l’ha fatta?

Si, è la storia di un detenuto che al nostro primo incontro mi disse che non avrebbe mai cambiato vita. Oggi sta cercando con tutti gli sforzi di farlo. Mi dice che sono stata un faro nella sua vita e di questo ne sono felice. Gli ho semplicemente spiegato che la vita non è solo guadagno facile e vestiti firmati ma è tanto altro. Sono diverse le storie ma i risultati si vedono alla lunga.

  • Oltre alla libertà, cosa manca al carcerato?

La libertà comprende tante cose, quella principale la mancanza d’affetto, d’amore. Quella della famiglia, degli amici. Manca tutto. La progettualità in giornate sempre uguali dove il sole si scorge a quadretti

  • Vuoi introdurre il sesso in carcere. In che modo?

Portando in Italia il modello spagnolo e di altri istituti penitenziari nel mondo. È fondamentale. Vorrei che i detenuti/e si incontrassimo con i propri congiunti per vivere quei momenti che solo uno Stato incivile può negare. Dovrebbe funzionare come i colloqui, parliamo del cosiddetto vis a vi, per abbassare il livello di omosessualità indotta ed episodi di violenza ma anche per le compagne che spesso attendono anni per trascorrere momenti di affettività con il proprio congiunto

  • La pandemia ha finito per ridurre ancor di più i diritti dei reclusi. Come garante come avete agito?

Ho cercato di supportare i reclusi con colloqui, di segnalare le voragini dell’area sanitaria penitenziaria, priva di personale. In alcuni istituti come quello di Santa Maria Capua Vetere manca addirittura la figura dello psichiatra, c’è solo alla rems del reparto Nilo. Infine, da non sottovalutare la mancanza dei colloqui con I familiari per questioni di sicurezza sanitaria. Questo penso sia stato il problema più sentito. Ho sollecitato spesso la magistratura per far andare a casa le persone che erano nella condizione giuridica di poterlo fare. La politica invece, è sorda a tutto ciò

  • Un carcere-modello é possibile in Italia?

Mancano le leggi, la mentalità, c’è molta ipocrisia. Si mette la polvere sotto il tappeto e non si creano alternative. Occorre una vera e propria rivoluzione di pensiero

  • Quali sono i problemi più annosi da risolvere nelle carceri?

A Santa Maria Capua Vetere quello dell’acqua. È l’unico carcere che è stato costruito senza rete idrica. L’acqua arriva con le autobotti e in bottiglie di plastica date ai reclusi. Assurdo. I reparti hanno tutti i nomi dei fiumi. Gli altri problemi sono strutturali, del sovraffollamento e dell’area trattamentale. Mancano braccia lavoro.

  • Dentro le sbarre si riesce a tirare fuori la parte buona delle persone?

Quando si è in carcere si ha tempo di pensare, di riflettere. Io ci sono riuscita e ne sono felice ma per alcuni si fa come i cani quando piove scondinzolano per togliere l’acqua dal pelo. Alcuni fanno così, dimenticano la sofferenza provata, quella anche delle compagne e dei figli e ritornano a delinquere. Ognuno di noi ha una parte buona e una cattiva sta a noi fare emergere la parte che più ci appartiene. Nessuno, però, si salva da solo.

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