Di Felice Massimo De Falco
Dal 2018 al 2020 si sono dimezzati gli arrivi di rifugiati e richiedenti asilo in Italia. Di conseguenza sono diminuite le presenze nelle strutture di accoglienza. Tuttavia il sistema non è stato ancora riformato.
In particolare, con la predominanza del sistema straordinario e a discapito dei centri piccoli, che propongono un modello di accoglienza diffusa, maggiormente sostenibile.
Negli ultimi anni si è registrato un significativo calo negli arrivi di migranti in Italia. Anche se nel 2021 la cifra è raddoppiata rispetto a quella dell’anno precedente (66.770, contro i 34.154 del 2020), si tratta comunque di numeri molto contenuti rispetto a quelli di alcuni anni fa. Basti pensare, per esempio, che nel 2016 gli sbarchi via mare sulle coste italiane furono più di 181mila.
Contestualmente, sono diminuite anche le richieste di asilo. Secondo i dati del ministero dell’interno, nel periodo analizzato in “Centri d’Italia”, le richieste esaminate si sono quasi dimezzate, passando da oltre 95mila nel 2018 a meno di 43mila nel 2020.
Questo ridimensionamento degli sbarchi ha chiaramente comportato anche una diminuzione delle presenze registrate nei circuiti dell’accoglienza.
Tra 2018 e 2020 c’è stata una contrazione molto pronunciata del numero di presenze giornaliere registrate nei centri (passate da oltre 131mila a circa 76mila, con un calo pari a oltre 55mila unità), con una diminuzione di oltre 3mila strutture di accoglienza (-25,6%).
In particolare c’é stato un – 42% di presenze nei centri di accoglienza nel 2020 rispetto al 2018.
Nonostante questa occasione di cambiamento e di riforma organica dell’intero apparato però si sono mantenute e confermate alcune caratteristiche ormai strutturali del sistema dell’accoglienza.
In particolare, la predominanza del sistema straordinario, pensato originariamente per un contesto di tipo emergenziale, ma diventato negli anni la componente principale del sistema. Anche a fronte del calo degli arrivi e quindi delle presenze nei centri, rimane infatti elevato il numero di persone ospitate nei centri di accoglienza straordinaria.
Il 65,7% dei richiedenti asilo e rifugiati sono ospitati nel sistema di accoglienza straordinario (al 15 febbraio 2022).
All’ultimo aggiornamento del 15 febbraio 2022, più di 6 persone su 10 risultavano ospitate nei centri di competenza prefettizia, che comprende i centri di accoglienza straordinaria (Cas) e i centri di prima accoglienza. Solo il restante si trovava nelle strutture ordinarie (Sai).
L’accoglienza nei Cas è da anni un aspetto strutturale anche se in teoria dovrebbe attivarsi solo in mancanza di posti nel sistema ordinario.
Nel passaggio dal 2018 al 2020 si è verificato un leggero miglioramento, nel senso che è leggermente aumentata (di 2,3 punti percentuali) la quota di persone ospitate in centri piccoli (con capienza inferiore ai 20 posti), mentre si è ridotta di oltre 4 punti percentuali quella di migranti ospitati nei centri molto grandi (di oltre 300 posti), passata dal 6,7% al 2,6%.
Si tratta di un fenomeno positivo, considerato che le strutture di dimensioni inferiori hanno dimostrato una maggiore capacità di generare integrazione nel tessuto sociale locale, qualificandosi quindi come una modalità di accoglienza più solida. È però importante sottolineare che a generare questo miglioramento è stata una coincidenza di fattori, in primis il calo degli arrivi e la chiusura di numerosi grandi centri, e non una politica mirata o una volontà di riformare il sistema.
Se si fosse realmente deciso di puntare sull’accoglienza diffusa, sarebbe bastato mantenere attivi i piccoli centri già operativi sul territorio, chiudendo invece quelli più grandi. È proprio in momenti come questi in cui i numeri dell’accoglienza sono più semplici da gestire che bisognerebbe ripensare il sistema. Invece che aspettare una nuova emergenza.
Fonte dati: Openpolis.it