Ghino di Tacco
La lista ‘Progresso e Legalità con Catello Maresca’, presentata in occasione delle elezioni alla città metropolitana di Napoli, non convince. Per diversi motivi.
L’ex candidato a sindaco di Napoli, oggi consigliere di Corte d’Appello a Campobasso, avrebbe dovuto evitare, per ovvi motivi di opportunità, di far presentare una lista con il suo nome.
Superate le polemiche legate alla sua discesa in campo, con tante acrobazie della logica e legittime argomentazioni, ora avrebbe dovuto glissare in virtù di un ruolo operativo da magistrato.
Il suo nome nella lista è una forzatura inopportuna. Lo è anche alla luce del processo di Riforma avviato dal Governo che, fra l’altro, disciplinerà casi come il suo.
Ma al netto di queste considerazioni, che sono fondamentali, ci sono altri aspetti che pure lasciano perplessi.
Uno di questi è quello di immaginare una lista che abbia il nome di una personalità della politica. È quella personalizzazione dei processi che non serve. E per rimanere sul nome è il caso di sottolineare la scelte delle parole ‘progresso’ e ‘legalità’. La prima è patrimonio delle esperienze di certa sinistra, la seconda ‘inutile’ ripetizione, vuota suggestione. La legalità è precondizione dei percorsi e non è sostanza di un cammino.
Poi c’è la politica.
Catello Maresca, che è risorsa del centrodestra da quando ha scelto la candidatura a sindaco, meglio avrebbe fatto a lavorare per la unità della colazione, meglio avrebbe fatto ad offrire un contributo ai partiti per la sintesi. È sceso, invece, in campo ed ha giocato di sponda con le divisioni dei movimenti.