Antonio Marco Del Cogliano
Non la costruzione e il vissuto, bensì la disfatta di un amore è il tema portante del libro di Luciana Cerreta.
Senz’altro una scelta controcorrente quella di trattare delle macerie dell’amore, di ciò che resta dopo che uno dei due partner si è allontanato, tradendo il sogno e le comuni speranze, ed uccidendo – meglio sarebbe dire lentamente torturando – i sentimenti dell’altro.
In un contesto storico in cui ogni sentimento appare sempre più “a scadenza”, la scrittrice enuclea, attraverso la protagonista, la propria idea di amore: un sentimento potente, onnicomprensivo, totalizzante, che, ove non ricambiato e/o tradito, conduce immancabilmente all’autodistruzione.
Pagine, quelle di Bellanima, che fluiscono velocemente, avendo il potere di rapire il lettore, catapultandolo in quell’abisso buio e senza fondo che è l’anima devastata dell’io narrante:
“Ho raccontato molto di ogni cosa, ma di quando eravamo zitti e soli a guardare il tappeto con il mondo che mi scoppiava dentro, non scriverò.
Non dirò della felicità, non della leggerezza e nemmeno che poi, quando te ne sei andato, dondolavo appesa a un filo. Né dirò di come dopo lo hai reciso, mandandomi alla deriva.
Ma ci sono navi che salpano e poi tornano in questo porto intricato che è il mio cuore, controverso e indefinito come un mandàla: legano e slegano corde alla banchina.”
Un romanzo che altro non è se non flusso di coscienza, irrefrenabile e disperato, con vette di lirismo narrativo quali perle preziose, atte a lasciare basiti ed estatici dinanzi a tanta accorata, struggente e maledetta poesia.
A cura di A. Marco Del Cogliano – Recensioni per Esordienti