Di Felice Massimo De Falco
Nata ad Assisi nel 1979, Viviana Picchiarelli fa parte del gruppo letterario WOMEN@WORK. Laureata in Scienze della Comunicazione e con un master in “International Business and Intercultural Context” e un altro in “Scienze della Pubblica Amministrazione”, ha frequentato corsi e seminari di scrittura creativa e cinematografica, editoria e giornalismo, marketing e web writing. Vincitrice di uno dei contest settimanali della gara dei racconti di Rai Radio1 Plot Machine edizione 2017, ha iniziato a scrivere nel 2011 per varie case editrici. Nel 2012 ha pubblicato l’antologia di racconti al femminile “Reale Virtuale – Ritratti di donne nell’era digitale”, a cura di Costanza Bondi (Bertoni Editore). Per lo stesso editore, nel 2013 ha curato con Costanza Bondi, partecipando anche in qualità di autrice, l’antologia poetica “Otto poetesse per otto poesie” e la raccolta di racconti ironici “Le vene vorticose”. Sempre per Bertoni Editore, nel 2016 ha curato, di nuovo con Costanza Bondi, l’antologia di racconti gialli dal titolo “Women in giallo – brividi alla tastiera” e ha pubblicato il romanzo “Il rubino intenso dei segreti”, spesso ai vertici delle classifiche Amazon. Per Newton Compton Editori sono usciti “La locanda degli amori sospesi” (2018) e “Il giardino della locanda dei libri” (2019).
Dopo l’anteprima al Salone del Libro di Torino dello scorso ottobre, è finalmente in libreria “Prima del buio in sala”, il nuovo romanzo della scrittrice umbra Viviana Picchiarelli edito da Bertoni editore.
Perugia, 1961 – 2019. Le trame del destino compiono una parabola di quasi sessant’anni per intessersi nelle vite di Costanza, Sofia, Filippo, Pietro e Roberto, attori principali di questo romanzo corale. Legati a doppio filo alle sorti del CineMuse, luogo storico di aggregazione della città, ma anche tela su cui si intrecciano gli orditi delle loro esistenze, i personaggi si alternano, in quest’arco temporale, nel racconto della loro storia collettiva, manovrati inconsapevolmente dalle circostanze irrisolte di un passato condiviso. Incapaci di reagire al rimorso e al dolore della perdita e già rassegnati a trascinarsi verso un futuro senza sorprese, i protagonisti si muoveranno in bilico tra la difficoltà di cambiare e il desiderio di farlo, come in un eterno perpetuarsi di quel momento che precede la proiezione di un film: l’attimo prima del buio in sala, quello in cui si è sospesi tra l’attesa che la pellicola cominci e il desiderio quasi perverso che lo spettacolo ritardi ancora. Eppure sarà ancora la stessa sorte, che aveva incatenato ciascuna di queste esistenze al dramma dell’altra, a intervenire di nuovo, prepotente, a concedere loro un’altra occasione. Ma sarà possibile spegnere una volta per tutte le luci sul passato e assistere a un altro film, quello della vita che verrà? In un racconto che attraversa decenni di storia del cinema e in cui il jazz fa da colonna sonora, si dà voce all’alfabeto dei rimpianti per le occasioni perdute, mentre le note avvolgenti del sax suonano l’amarezza inquieta delle mancanze.
Viviana si mette “a nudo” per noi
- Quando hai capito che avevi qualcosa da raccontare?
È nato tutto un po’ per caso. Mi sono approcciata alla scrittura circa dodici anni fa, a seguito di un percorso psicoterapeutico. Ho cominciato a scrivere poesie e racconti soprattutto per esternare disagi interiori che avevano bisogno di essere “guardati e letti da fuori” per poter essere poi relativizzati. Solo in un secondo momento ho avvertito l’esigenza di creare storie e raccontare vite, inserendomi nel filone dalla Women’s Fiction.
- Da dove trai ispirazione?
Dai dettagli: una foto, una citazione, un articolo, certi profumi, alcune suggestioni. Tutto può rappresentare la scintilla da cui partire per un viaggio non di rado complesso e articolato, ma ogni volta affascinante e meritevole di essere intrapreso.
- “Prima del buio in sala” che libro è? A chi si rivolge?
Si tratta di un romanzo corale che racconta, lungo un arco temporale di circa sessant’anni, le luci e le ombre di una serie di personaggi le cui esistenze sono indissolubilmente intrecciate al CineMuse, luogo storico di aggregazione del capoluogo umbro. Qui, i personaggi sono mossi inconsapevolmente delle circostanze irrisolte di un passato condiviso che li metteranno di fronte alla necessità di fare tesoro degli errori, delle mancanze e di tutto ciò che ormai non può più essere recuperato. Raccontando la malattia come occasione di rinascita; la famiglia che soffoca, da cui si scappa e a cui si torna, sebbene certi legami non possano più essere recuperati, e le occasioni irrimediabilmente perse da cui, però, ripartire facendo tesoro degli errori commessi, il romanzo si rivolge potenzialmente a un pubblico eterogeneo che può facilmente rispecchiarsi nella fragilità e nelle innumerevoli contraddizioni dei personaggi.
- Scrivere è la proiezione delle tue emozioni interne?
Di base, direi di no o, quantomeno, sempre meno. Cerco di scrivere storie distanti da me e dal mio modo di vedere e intrepretare la vita, sebbene sia inevitabile che qualcosa “sfugga di mano” e si manifesti magari attraverso alcuni sfumature del carattere dei personaggi.
- Nel tuo carnet c’è spazio per la donna. Chi è la “donna digitale”?
È una donna contemporanea che abbraccia le potenzialità offerte dalla digitalizzazione per realizzare se stessa a prescindere che lo faccia per lavoro o per semplice piacere personale.
- Che ruolo avrà la donna fra 30 anni?
Quello che ritiene più affine alla propria natura, ambizione e desiderio. Già da ora, però.
- È vorticosa la tua produzione letteraria. Sarà il tuo mestiere?
È una passione che affronto con la massima professionalità possibile. In questo senso, l’ho vissuta e la vivo anche come il mio mestiere.
- Come sono coniati i personaggi dei tuoi libri?
Nascono spesso dopo uno studio approfondito delle caratteristiche di ognuno e dei legami che intercorrono tra gli stessi. “Sapere” con ragionevole anticipo rispetto alla stesura quanto più possibile sui personaggi mi consente di avere un quadro abbastanza chiaro di ciò che intendo raccontare. Succede anche, però, che i personaggi a un certo punto vadano un po’ per conto loro, alcuni prendono il sopravvento rispetto ad altri, ma di solito cerco sempre di definirli il più possibile a monte.
- Qual è il tuo sogno recondito?
Trasferire su schermo le mie storie. Chissà…
- Esiste il libro che avresti voluto scrivere?
Sì, La casa degli spiriti, di Isabel Allende. In quel capolavoro c’è tutto ciò che intendo quando penso alla scrittura.