di Anna Adamo
“Non compatitemi, sono un medico, una combattente, sono ucraina, faccio il mio dovere”. Olena Kushnir é morta e questo è il suo ultimo messaggio.
Era sergente maggiore dell’esercito e medico della Guardia Nazionale. Aveva scelto di restare a Mariupol, nonostante sapesse i rischi che avrebbe potuto correre, per svolgere il suo dovere, insieme ad altre cento donne. Quella di Olena é una storia di coraggio. Una di quelle che il mito secondo il quale la donna rappresenti “il sesso debole” lo sfata in un secondo.
No, il suo non era un coraggio dovuto al fatto che non avesse altra scelta. Perché, una scelta la aveva. Sarebbe potuta andare via,mettere la propria vita prima di quella altrui. Invece no, non lo ha fatto. É rimasta lì, a combattere per la sua gente,tra la gente.
Ed è questo che fa la differenza in un mondo in cui l’egocentrismo funge da protagonista. Olena non ha fatto semplicemente il suo dovere, ha fatto qualcosa di più grande. Ha scelto di morire per aiutare gli altri. E no, non è cosa da poco. E non è neanche una di quelle cose che tutti sarebbero disposti a fare.
La sorte che le è toccata è terribile, lascia senza parole. A volte, risulta difficile anche solo pensarlo che si possa perdere la vita per aiutare gli altri, eppure, ci sono donne come Olena Kushnir che lo hanno fatto senza pensarci due volte, diventando per tutti un grande esempio. Perché, si, l’esempio non è dato dagli incarichi che si ricoprono, ma dalle azioni che si compiono pur ricomprendo incarichi di un certo livello.
Ebbene si, ricorderemo Olena per quello che ha fatto, per l’esempio di grande donna che ci ha lasciato. E probabilmente, ogni volta che vogliono farci sentire sbagliate, o poco adatte a ricoprire determinati ruoli, noi donne ci ricorderemo di lei e di tutte le donne che ce l’hanno fatta.
E ce la faremo anche noi.
Ce la faremo anche per lei che ha perso la vita per salvare quella altrui.