Osservo, anche oggi, l’orrendo teatrino da quattro soldi messo in scena dal peggior produttore teatrale mai esistito: Giuseppe Conte.
Senza voler scendere troppo nello specifico, mi limiterei a commentare una dichiarazione del burattinaio (poco) occulto del Movimento 5 Stelle, Beppe Grillo, colui che dirige la sua creatura e muove i fili delle dichiarazioni dell’avvocato del popolo.
Il comico (poco) politico, commentando la decisione presa dal suo Movimento, ha detto che “la base era insofferente, giusto lo strappo”.
Ebbene in queste parole c’è, per forza di cose, un sottinteso: i parlamentari grillini non decidono neanche se macchiare o meno il caffè a colazione. Una ciurma di automi in attesa delle direttive provenienti dalla “base”.
Quella base che decise di fare un Governo con la Lega, il nemico di sempre. Quella base che decise di lasciare Salvini al Papeete e abbracciare il PD per conservare la posizione.
Questa è la negazione della Repubblica Parlamentare. È la negazione della Politica. Ed è la morte della dignità di ogni singolo parlamentare pentastellato.
La nostra Carta Costituzionale all’art. 67 afferma “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
“Il mandato imperativo è la morte dei Parlamenti”, disse con forza Luigi Einaudi nel corso della Consulta Nazionale. Era il 1946 e nessuno pensava che qualcuno sarebbe riuscito a calpestare certi principi fondamentali del nostro Stato.
Ma parliamoci chiaro, Grillo e Conte non hanno la minima idea di come funzioni il meccanismo parlamentare anche perché tra quegli scranni non sono seduti. Uno urlatore professionista ed esperto di comunicazione per convenienza (vedi contrattino di euro 300.000 con il Movimento) e l’altro professore e avvocato per professione e vincitore della lotteria Italia senza neanche aver comprato il biglietto in autogrill.
Non so cosa ne pensa la base, ma io li rispedirei uno in cattedra e l’altro su un palco a fare ciò che gli riesce.
Un osservatore attento