Il giudice di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, ha sollevato una questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale sul divieto ai detenuti, previsto dall’articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario, di fare sesso con i loro partner, in quanto tale divieto potrebbe colpire i diritti costituzionali. A renderlo noto è il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Stefano Anastasìa, che dichiara:”Il riconoscimento del diritto alla sessualità dei detenuti non solo favorirebbe la loro crescita personale, ma andrebbe a beneficio dell’intera istituzione carceraria perché migliorerebbe i rapporti con gli agenti di polizia penitenziaria e aiuterebbe il clima generale della vita in carcere”.
Il giudice Gianfilippi, sulla base del ricorso di un detenuto scrive alla Consulta: “L’interessato si duole del divieto impostogli dall’amministrazione di svolgere colloqui intimi con i propri familiari e in particolare con la compagna”. Il Garante ricorda che “quel che è permesso ai detenuti di Francia, Svizzera, Austria, Slovenia o Spagna, e complessivamente in 31 Paesi europei (ma anche in India, Messico, Israele, Canada) agli italiani è negato”. Anastasia conclude sottolineando che “alla suprema corte, il giudice di Spoleto rivolge un quesito che è insieme giuridico e morale: a vietare i rapporti sessuali, poi, non si contravviene allo spirito della Costituzione sulla protezione della famiglia, anche quella di un condannato?”.
FONTE ANSA