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15 Novembre 2024

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Femmunicidio di Anna Borsa, un anno dopo parla il fratello: “Non perdono quell’uomo”

di Anna Adamo


È trascorso un anno dalla morte di Anna Borsa, giovane salernitana uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato mentre era al lavoro. Il dolore, però, no, non passerà mai.
Il vuoto che ha lasciato è più forte di quanto si possa immaginare. Non vi sono parole adatte per poterlo descrivere.
Lo si evince da quanto dichiarato da Enzo Borsa, il fratello, che di questo dolore ne costituisce l’esempio più grande.
“Per me – ha dichiarato in un’ intervista a Il Mattino – quell’uomo non esiste. Non provo né pace né perdono, credo soltanto nella giustizia, anche se l’ergastolo non basta per quello che ha fatto alla mia famiglia. Vorrei che anche solo per un momento si immedesimasse nel dolore di mia madre,  di mio padre e mio. Oggi, ancora più di un anno fa, sono convinto che lui non amava veramente Anna perché l’ha uccisa. Se l’avesse amata l’avrebbe lasciata libera, mia sorella per lui era un’ossessione”.
Non vi sono dubbi che tengano.
C’è dolore, ma soprattutto rabbia nelle parole di Enzo. C’è che, ancora oggi, a distanza di un anno, non ci si può non chiedere come sia possibile che una tragedia di questo tipo sia avvenuta. Non ci si può non chiedere per quale motivo non sia stato fatto nulla per evitare che le donne vengano uccise per mano dell’uomo che diceva di amarle. 
Si, perché la verità è che Anna non è stata l’ultima vittima di un uomo senza scrupoli, dopo di lei ce ne sono state tantissime altre e chissà quante ce ne saranno ancora nei prossimi mesi. E questo non possiamo più permettere che accada.
Non possiamo più limitarci a parlare di cosa si sarebbe dovuto fare per evitare che certe cose accadano dopo che sono accadute, perché è troppo tardi. È troppo tardi per salvarle,  certe vite. E, si sa, nessuno merita di morire a causa della disattenzione di molti che avrebbero potuto fare qualcosa e non l’hanno fatto.
Non ora. Non più. È giunto davvero il momento di agire, di decidere da che parte stare.
Di decidere se continuare a parlare di donne morte a causa di chi avrebbe dovuto amarle o di fare qualcosa per far sì che amare non faccia più rima con uccidere.
Ai posteri l’ardua sentenza. O meglio, a noi e alle nostre coscienze.

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