di Valeria Torri
Accade in Italia, pochi giorni fa, che Il Comune di Milano abbia interrotto le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie omogenitoriali in Italia. Sulla vicenda è intervenuta Alessia Crocini, Presidente di “Famiglie arcobaleno”: “Il sindaco di Milano ci ha comunicato che bloccherà le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei bambini con due papà e la formazione di atti di nascita italiani con due mamme, come garantito negli ultimi anni nel capoluogo lombardo”. “Siamo consapevoli – ha aggiunto Crocini – di quanto questo governo si stia adoperando per togliere ogni minimo diritto di cittadinanza alle famiglie omogenitoriali in Italia”.
Al Senato, infatti, la maggioranza ha bocciato il Regolamento dell’UE sul riconoscimento di figli di coppie dello stesso sesso. La Proposta di Regolamento è finalizzata ad armonizzare nel territorio dell’Unione Europea le regole di diritto privato internazionale relative al riconoscimento di minori, con l’obiettivo di garantire loro certezza giuridica e legale, a prescindere dal tipo di famiglia di appartenenza, e con il fine di assicurare la libera circolazione transfrontaliera. Lo scopo della proposta è quello di vedere riconosciuta la genitorialità stabilita in uno degli Stati membri dell’Unione anche negli altri Stati, senza speciali procedure. Ciò consentirebbe ai bambini di beneficiare dei diritti derivanti dalla genitorialità in materie come le successioni, il mantenimento, la custodia o il diritto dei genitori di agire come legali rappresentanti del bambino.
La Proposta richiama esplicitamente una serie di articoli della Convenzione ONU dei diritti del fanciullo (articoli 2, 3, 8, 9), la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione nonché le Conclusioni del Consiglio sulla Strategia sui diritti del bambino del 9 giugno 2022 (10024/22). Trova riferimento anche in diverse risoluzioni del Parlamento Europeo. In tali atti è riconosciuta la necessità di assicurare gli stessi diritti, senza discriminazioni, e di garantirli sia nei confronti delle pubbliche autorità che delle istituzioni private.
Per contro, in Italia, il non riconoscimento della genitorialità equivale alla negazione della tutela dei diritti fondamentali dei bambini, incluso il diritto all’identità, alla non discriminazione e al rispetto della vita privata e famigliare.
La spiegazione data dal Governo italiano si fonda sul tema della contrarietà alla maternità surrogata, perché considerata lesiva della dignità della donna. Tuttavia, la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale, consapevoli dei diritti in gioco, si sono fatte carico di tutelare anche i diritti dei figli delle coppie gay e, con riferimento al diritto alla loro identità, hanno affermato che questo si rintraccia proprio nella documentazione anagrafica che riporta l’indicazione del nome dei genitori. La giurisprudenza italiana, perciò, con un sofisticato equilibrismo tra i diritti da tutelare, si pone in senso coerente con l’intento espresso dall’Unione europea di dare priorità alla tutela del diritto del minore, come presupposto per lo sviluppo della normativa sul tema. In sintesi, rafforzare il diritto di qualcuno non significa indebolire il diritto di qualcun altro. Vieppiù, i diritti non andrebbero contrapposti, semmai integrati.
Le pronunce della Suprema Corte a Sezioni Unite vanno nella direzione di affermare che “i figli sono figli”. Sono tutti uguali e hanno diritto a fare famiglia con chi li ha accuditi e ha esercitato una responsabilità genitoriale. Che si tratti di figli di coppie sposate e/o conviventi, adottati anche da coppie omosessuali, che siano stati procreati con tecniche vietate come la maternità surrogata, tutto questo, per la giurisprudenza italiana consolidata non importa. Lo Stato deve tutelare la famiglia che non è più solo quella fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, ma è una comunità di affetti e di cure e – si legge nelle sentenze – come tale è un forte elemento del diritto all’identità del minore.
Eppure, questo diritto viene negato. In Italia questi bambini vengono discriminati. I figli pagano le spese di una contrarietà di natura ideologica e culturale che con loro non ha nulla a che vedere.
Il Governo si smarca dalle indicazioni di Bruxelles, ma anche dalle pronunce giurisdizionali italiane, e prosegue la sua crociata contro le famiglie arcobaleno, in spregio dei diritti dei loro figli.
Eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, tutela dei diritti di tutti, a partire dai diritti dei minori, restano principi costituzionali, nel senso di diritti sanciti per iscritto ma disapplicati come non fossero principi cogenti.
Secondo il Ministro Eugenia Roccella: “c’è un solo modo che tutela i diritti dei bambini e cioè assicurare che abbiano un papà e una mamma. Tutto il resto non conta niente.”
Eppure la società è andata avanti.
Lo dice anche l’Europa dalla quale, evidentemente, ci allontaniamo in termini di principi fondanti. Il Comitato Europeo delle Regioni (CdR), organo consultivo dell’UE che rappresenta gli enti locali e regionali d’Europa, osserva che l’uguaglianza è uno dei valori su cui si fonda l’Unione europea e che i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali, non binarie e queer (LGBTIQ) sono diritti umani e, in quanto tali, propri di ogni individuo, indipendentemente dal suo status giuridico di non-cittadino, rifugiato, migrante o residente straniero, indipendentemente dal fatto che si tratti di una donna, un uomo, un bambino, un anziano o che abbia delle disabilità, indipendentemente dalla religione, dall’origine etnica, dalle opinioni politiche o dall’orientamento sessuale, dall’identità o dall’espressione di genere e dalle caratteristiche sessuali. Il CdR esorta la Commissione europea ad assicurare il rispetto dei principi fondamentali dell’Unione europea e a garantire che nessun Comune, Regione o Stato che ne fa parte introduca iniziative discriminatorie sistemiche e sottolinea, a questo proposito, che è importante agire per combattere la discriminazione nei confronti delle persone LGBTIQ promuovendo un atteggiamento di reciproca tolleranza.
Tutto ciò considerato, viene da chiedersi: “in che senso l’Italia è un paese membro dell’Unione Europea?”. E se la risposta non sembra così scontata, la riflessione immediatamente successiva deve riguardare la tutela dei diritti che, come tali, dovrebbero essere inviolabili. D’altronde è la nostra Costituzione, sin dal 1948, a ricordarci,che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.