di Luigi Mazzella
Penso che neanche la schiera più dura e tetragona dei politici e dei militari Alleati che, per la fine della seconda guerra mondiale impose agli Italiani una “resa senza condizioni” e un Trattato di pace definito vergognoso da Vittorio Emanuele Orlando avrebbe mai potuto immaginare che dopo circa ottanta anni da quella sonora sconfitta bellica la condizione economica (oltre che politica) del “Bel Paese” (la cui ripresa, certamente, si voleva impedire) sarebbe scesa al livello che oggi conosciamo.
E’ vero che con accorte manovre d’intelligence il cammino del popolo dello Stivale era stato copiosamente minato fin dall’inizio e poi progressivamente nel corso degli anni.
In primis, l’uso politico della magistratura, requirente e giudicante, trovava la sua forza propulsiva nelle norme della Costituzione sulla giustizia che nei Paesi vincitori aveva dato buona prova, consentendo di eliminare Capi di Stato o uomini politici di rilievo senza ricorrere all’assassinio (con o senza l’aiuto di criminalità organizzate).
In secondo luogo, il finanziamento sotterraneo ed occulto di partiti politici pronti e proni a eseguire gli ordini d’oltre Oceano e (in minor misura) d’oltre Manica era stato utilizzato per potere estendere il proprio potere d’indirizzo dalla Sinistra (solo dopo il crollo dell’Unione Sovietica), al Centro (da sempre asservito) e alla Destra (dominata in maniera parossistica dall’ambizione di governare, conscia di non dover ripetere l’errore del Mussolinismo); e tutto ciò favorito dal degrado prodotto nella classe politica da sistemi elettorali perversi (suggeriti ai parlamentari nelle sedi appropriate).
In terzo luogo (ed ultimo solo per amore di brevità di questa nota) l’introduzione in Costituzione del sistema di tassazione ad aliquote progressive che avrebbe impedito ogni ipotesi di boom economico, consentendo ai politici di parlare (a sproposito) di flat tax, fonte del rilancio industriale di Reagan e della Thatcher, ma di applicarla (con il plauso non della sola Sinistra) unicamente ai meno abbienti (cosiddetta flat-tax dei poveri) per evitare che il risultato del taglio ai redditi alti si riversasse sull’attività produttiva (incrementandola, anche a dismisura, contro le intenzioni degli estensori delle norme del Trattato).
Non mi soffermo sull’influenza nefasta per il “Bel Paese” dell’Unione Europea post Euro e post Maastricht e degli obblighi NATO, perché ne ho parlato abbastanza e da molti anni.
Dopo circa ottanta anni di servaggio politico, economico e militare gli Italiani si sono assuefatti all’idea di portare “la sveglia al collo”, cambiando, di tanto in tanto (un po’ per celia e un po’ per non morir) il colore politico di governanti pur consapevoli che essi non possono che fare tutti la “stessa, identica politica”, suggerita aliunde e intessuta di inganni, di frase fatte, di “pauperismi” di varia entità e configurazione.
Il governo Meloni ci ha dato la conferma che quella”sveglia” sta sul collo giusto.
I camerati di Giorgia avevano votato l‘aspirante Presidente per la sua politica “barricadera” contro la NATO e l’Unione Europea, affidata a due “vicerè” e l’hanno ritrovata, dopo l’elezione, “guerrafondaia alla maniera americana” ed “europeista “alla von der Layen.
Gli Italiani tutti avevano creduto almeno alla sua promessa di contenere l’immigrazione clandestina ed erano rimasti perplessi di fronte all’invenzione del turismo portuale per le navi ONG.
Ora sono indotti, invece, dalla Presidente a vedere negli sbarchi addirittura il “toccasana” per porre rimedio non solo alla nostra decrescita demografica per la scarsità di nascite ma addirittura all’aumento del nostro debito pubblico.
Più immigrati=più nascite e meno debito pubblico! Si può volere di più da un popolo?