“Mio padre Bettino Craxi era nato a Milano, parlava dialetto milanese, sapeva tutte le canzoni popolari, oltre a tutte le canzoni politiche, da quelle anarchiche a quelle fasciste; ma era un siciliano”. Stefania Craxi, figlia dell’ex leader del Psi, animatrice della Fondazione Craxi, senatrice e presidente della Commissione Difesa e Esteri di Palazzo Madama al Corriere ripercorre la sua infanzia.
“La domenica – dice – andavamo a passeggiare sul lago di Como. Un giorno ci trovammo davanti al cancello contro cui fu fucilato il Duce. Il cartello diceva: fatto storico. Craxi si indignò: ‘Che ipocrisia, si vergognano di quello che hanno fatto!’. Così mi portò a comprare un mazzo di fiori e a deporli dove era morto Mussolini”. “Sognava che un fascista e un socialista andassero insieme a piazzale Loreto – dice la senatrice di Fi al quotidiano di Via Solferino – dove si era consumata quella che riteneva un’infame barbarie, e rendessero omaggio sia alla memoria di Mussolini, sia a quella dei partigiani socialisti che lì erano stati fucilati”. Poi la primogenita ricorda le tensioni con il Pci di Berlinguer: “Craxi non voleva distruggere i comunisti. Voleva farli evolvere, per costruire l’unità socialista. Si chiedeva: ma perché Berlinguer ce l’ha tanto con me? Perché non viene a fare un giro a Milano, a vedere come cambia il mondo?”