di Valeria Torri
Il “Programma di stabilità” del Documento di Economia e Finanza (DEF 2023), presentato dal Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, approvato dal Consiglio dei Ministri l’11 aprile scorso, fornisce pochi elementi in tema di cooperazione internazionale per lo sviluppo e di immigrazione ma sufficienti a capire le linee politiche programmatiche del Governo.
Quando si riferiscono al debito dell’Italia, le cifre del DEF 2023 non possono ignorare l’immigrazione. Un grafico davvero stupefacente rappresenta l’impatto dell’immigrazione sul debito pubblico da ora al 2070.
Tre sono gli scenari: A) se la situazione rimane stabile, il debito pubblico italiano aumenterà di circa 10 punti di PIL; B) facendo diminuire l’immigrazione del 33% (un terzo) rispetto al numero attuale, il debito pubblico salirà al 200 per cento del PIL (oggi è al 145%); C): se l’immigrazione aumenta del 33%, il debito pubblico scende sotto il 130 per cento del PIL.
Il Centrodestra, dunque, da un lato continua ad invocare porti chiusi, blocchi navali, respingimenti, inasprimenti delle norme per i migranti, dall’altro riconosce, in un documento di programmazione economica e finanziaria prodotto dal Governo che sostiene, che i migranti potrebbero rappresentare una formidabile risorsa economica per il nostro Paese.
L’accordo che il Ministro degli Esteri Antonio Tajani ha raggiunto qualche giorno fa con il suo omologo tunisino ha definito, difatti, le modalità per l’arrivo in Italia di 4000 lavoratori tunisini. La Tunisia è il primo paese con il quale, ha annunciato il Ministro Tajani, si sta lavorando ad un progetto per gestire la migrazione su presupposti di legalità e che ha incontrato, da parte del governo tunisino, la disponibilità a formare nel proprio paese queste persone e, al contempo, a rafforzare le frontiere di modo tale da limitare le partenze.
Insomma, l’esecutivo italiano accelera sulla valutazione di sistemi e meccanisti per scongiurare l’arrivo dei migranti in vista dei prossimi esodi che si valutano imponenti e che potrebbero mettere in ulteriore seria difficoltà la capacità di accoglienza italiana. Tuttavia, nell’analisi riportata nel DEF, definisce il fenomeno dell’immigrazione come una variabile che porterebbe un calo del debito pubblico di oltre 30 punti PIL nel 2070. Questo perché, secondo gli analisti economici, con l’aumento della manodopera disponibile e il conseguente aumento della produzione, crescerebbero proporzionalmente i consumi.
Il Governo Meloni quindi, a fronte di un’Italia che registra, attualmente, un forte calo attuale delle nascite e un futuro calo dei laureati, individua proprio nell’immigrazione un’ancora di salvataggio.
Un colpo al cerchio, per restare nel solco di una politica di destra che respinge e si mostra intransigente, e uno alla botte, per non opporsi all’evolversi naturale delle cose, cui il Governo, volente o nolente, dovrà adeguarsi.