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15 Novembre 2024

Chi siamo

La storia di Giusy: A ventisette anni non sono ancora laureata e vivo con i miei. Mi sento una fallita

di Anna Adamo


Siamo figli di un mondo che ci impone di dovercela fare a tutti i costi.
Che ci costringe a superare i nostri limiti e ci etichetta come “falliti”, quando non riusciamo a rientrare tra i migliori. E l’essere considerato un “fallito”, si sa, pesa più di quanto si possa immaginare, soprattutto quando, chi dovrebbe sostenerci, non fa altro che farci notare che, a differenza di tante altre persone, siamo indietro.
Lo sa bene Giusy, che con l’etichetta di “fallita” fa a pugni ormai da qualche anno.
“Non so di preciso quando tutto è iniziato – racconta piangendo – ma so che improvvisamente ho capito di non aver concluso nulla nella vita e il mondo mi è crollato addosso prima che me ne accorgessi. Ho ventisette anni e non mi sono ancora laureata, non ho un fidanzato e vivo con i miei genitori. La maggior parte dei miei coetanei sono laureati e hanno già messo su famiglia da qualche anno, invece”.

Quello di Giusy è un racconto struggente, che mette in risalto la vergogna provata dalla ragazza nel non aver raggiunto gli stessi traguardi di chi la circonda


Quello di Giusy è un racconto struggente, che mette in risalto la vergogna provata dalla ragazza nel non aver raggiunto gli stessi traguardi di chi la circonda.
“Mi chiedo cosa stia sbagliando – prosegue. E lo chiedo anche ai miei genitori, con la speranza di ricevere risposte, una parola di conforto, ma nulla, sono una fallita anche per loro. Me lo ripetono spesso. E quando non me lo dicono, glielo leggo negli occhi. “
Purtroppo Giusy non è l’ unica ragazza a fare i conti con questa situazione, perciò è evidente che qualcosa non torni.
Il vero fallimento appartiene ai giovani o alla società in cui viviamo che non mette tutti in condizioni di raggiungere gli stessi traguardi e ci costringe a fare paragoni che non hanno ragione di esistere? Non chiederselo è impossibile.
Così come è impossibile ignorare la situazione e lasciare che precipiti ancora di più.
È evidente, del resto, che il problema non siano i ragazzi.
E questo, abbiamo il dovere di farlo comprendere a Giusy e a chi come lei crede di essere dalla parte sbagliata. Ebbene si, abbiamo il dovere di far capire ai ragazzi che non fare le stesse cose che fanno gli altri non significhi essere sbagliati.
Che laurearsi con qualche anno di ritardo non significhi essere dei falliti.
Perché, la verità, è che contrariamente a quello che la società in cui viviamo vuole far credere, non esistono falliti e non esistono i migliori.
Esistono solo esseri umani diversi gli uni dagli altri, che hanno i propri tempi e le proprie esperienze di vita da rispettare senza giudicarle mai, che per nessuna ragione al mondo devono essere paragonate a quelle di chi ci circonda.
Si, è questo l’ unico vero fallimento, quello con cui nessuno deve rischiare di fare i conti, sentirsi dei falliti solo perché, invece di rispettare il proprio tempo, ci si paragona agli altri.

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