di Valeria Torri
Luca Bianchi, direttore della Svimez – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno – ha commentato quanto detto dal Presidente Mattarella, in visita al distretto della Meccatronica di Reggio Emilia – una delle eccellenze del Paese che conta circa 400 aziende -, in occasione della celebrazione della “Festa del Lavoro”.
Nel suo discorso, ha osservato il direttore Bianchi, il Presidente Mattarella ha citato il lavoro come uno dei fronti su cui più profondo è il divario tra Nord e Sud. Parole importanti tanto più perché pronunciate non in una Regione del Mezzogiorno ma in Emilia Romagna. Come a ribadire che ridurre le disuguaglianze dovrebbe essere una priorità per tutto il Paese, perché si tratta di una perdita di opportunità per tutti.
Il problema è che spesso è proprio il Sud che fa più fatica a “mettere a terra” gli investimenti del PNRR. Perciò, spiega il Direttore di Svimez, da un lato bisogna declinare gli interventi a livello territoriale, dall’altro vanno rafforzate capacità amministrativa e capacità di spesa. Su quest’ultimo punto si può invertire la rotta.
La proposta lanciata dall’Associazione, infatti, consiste nella creazione di centri di competenza territoriali che supportino le amministrazioni del sud ad impiegare i fondi. Strutture composte da funzionari inviati da Roma aperte al contributo delle Università e degli Ordini professionali che aiutino i Comuni a scrivere i Bandi e partecipare alle procedure, e non a dirottare le risorse non spese al Nord, come vorrebbero i governatori leghisti – chiosa polemico Bianchi.
Il Capo dello Stato – prosegue – ha ben paragonato il PNRR allo Schema Vanoni del 1955: anche quello era un tentativo di ridurre il divario. Paragone corretto perché riflette la consapevolezza che la crescita del Paese non può che passare da un contributo significativo del Mezzogiorno. C’è però una differenza: il Piano Vanoni prevedeva una serie di obiettivi da raggiungere a livello territoriale, ad esempio in termini di crescita dell’occupazione. Il PNRR no. Ed è un aspetto che andrebbe recuperato. Sugli asili nido, per esempio, il PNRR prevede che si raggiunga almeno il 33% di copertura nazionale. Ma non introduce soglie locali, e questo confligge con una delle finalità per cui l’Italia ha ricevuto quei fondi. Ossia, ridurre il divario Nord-Sud.
La presenza di giovani in cerca di occupazione è un altro tasto dolente, soprattutto per quanto riguarda le donne: per Confcommercio, al Sud lavora soltanto una su tre, contro il 54% della media europea. La questione meridionale è in larga parte una questione femminile. E questo spiega anche un altro problema che affligge il Sud: lo spopolamento. I numeri lo dimostrano: dove più basso è il tasso di occupazione femminile, più alto è il livello di denatalità. Come se ne esce? Con la ricetta che hanno seguito i Paesi del Nord Europa: più servizi pubblici, dalla sanità all’istruzione, e più occupazione. Per la prima volta dopo tanti anni abbiamo a disposizione risorse importanti per riuscirci. Non possiamo permetterci di perderle.