Riceviamo e pubblichiamo da Giuseppe Coglianese*
Partiamo con lo spiegare cos’è Tangentopoli-Mani pulite (nota anche come Tangentopoli), il nome giornalistico dato a una serie di inchieste giudiziarie, condotte in Italia nella prima metà degli anni novanta da parte di varie procure giudiziarie, in particolare quella di Milano, che rivelarono un sistema fraudolento ovvero corrotto che coinvolgeva in maniera collusa la politica e l’imprenditoria italiana. L’impatto mediatico e il clima di sdegno dell’opinione pubblica che ne seguirono furono tali da decretare il crollo della cosiddetta Prima Repubblica e l’inizio della Seconda Repubblica, in quanto partiti storici della Repubblica Italiana come la DC e il PSI si sciolsero, venendo sostituiti in Parlamento, nelle successive elezioni, da partiti di nuova formazione o che prima erano sempre stati minoritari e comunque all’opposizione; anche senza un formale cambiamento di regime, si ebbe un profondo mutamento del sistema partitico e un ricambio di parte dei suoi esponenti nazionali.
La locuzione «Mani pulite» applicata alla politica venne coniata nel film di denuncia sociale ‘Le mani sulla città’ del 1963
La locuzione «Mani pulite» applicata alla politica venne coniata nel film di denuncia sociale ‘Le mani sulla città’ del 1963: in una scena del film, i deputati di maggioranza del Consiglio comunale di Napoli, in risposta a un consigliere di opposizione che li accusa di avere le mani sporche (in riferimento a un probabile coinvolgimento in una speculazione edilizia), affermano: «Le nostre mani sono pulite!». La locuzione venne ripresa nel 1975 da Giorgio Amendola, deputato del PCI, durante un’intervista pubblicata da Il Mondo in cui affermava: «Ci hanno detto che le nostre mani sono pulite perché non l’abbiamo mai messe in pasta». L’espressione venne ripresa ancora due anni dopo dallo scrittore Claudio Castellacci e nel 1980 dal Capo dello Stato Sandro Pertini. In un’accezione ristretta, «Mani pulite» fa riferimento al fascicolo aperto alla Procura di Milano nel 1991 da Antonio Di Pietro, mentre in un’accezione allargata fa riferimento alle indagini condotte anche da altre procure italiane negli anni novanta, che vertevano appunto sulla collusione fra politica e imprenditoria: si parlò infatti anche di «Mani pulite napoletana» per le indagini contro Francesco De Lorenzo, Antonio Gava e Paolo Cirino Pomicino e di «Mani pulite romana» per le indagini su Giorgio Moschetti ecc…
Un po’ di cronostoria sull’inizio di tangentopoli-Le vicende iniziarono lunedì 17 febbraio 1992, quando il pubblico ministero Antonio Di Pietro chiese e ottenne dal GIP Italo Ghitti un ordine di cattura per l’ingegner Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio e membro di primo piano del PSI milanese. Chiesa era stato colto in flagranza di reato mentre intascava una tangente dall’imprenditore monzese Luca Magni che, stanco di pagare, lo aveva denunciato all’Arma dei Carabinieri. Magni, d’accordo coi carabinieri e con Di Pietro, fece ingresso alle 17:30 nell’ufficio di Chiesa, portando con sé 7 milioni di lire, corrispondenti alla metà di una tangente richiesta a lui da quest’ultimo; l’appalto ottenuto dall’azienda di Magni era infatti di 140 milioni e Chiesa aveva preteso per sé il 10%, quindi una tangente da 14 milioni. Magni aveva un microfono e una telecamera nascosti e, appena Chiesa ripose i soldi in un cassetto della scrivania, dicendosi disponibile a rateizzare la transazione, nella stanza irruppero i militari, che notificarono l’arresto. Chiesa, a quel punto, afferrò il frutto di un’altra tangente, stavolta di 37 milioni, e si rifugiò nel bagno attiguo, dove tentò invano di liberarsi del maltolto buttando le banconote nel water.
La notizia fece scalpore, finendo sulle prime pagine dei quotidiani e venendo ripresa dai telegiornali. Il segretario socialista Bettino Craxi, allora impegnato nella campagna elettorale per le elezioni politiche nazionali che si sarebbero svolte in primavera, in un’intervista rilasciata a Daniela Vergara per il TG3 negò l’esistenza della corruzione a livello nazionale, definendo Mario Chiesa un «mariuolo isolato», una scheggia impazzita dell’altrimenti integro PSI, affermando:
«In questa vicenda, purtroppo, una delle vittime sono proprio io. Mi preoccupo di creare le condizioni perché il Paese abbia un Governo che affronti gli anni difficili che abbiamo davanti e mi trovo un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito che a Milano in cinquant’anni, nell’amministrazione del Comune di Milano, nell’amministrazione degli enti cittadini – non in cinque anni, in cinquanta – non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi commessi contro la pubblica amministrazione.»
Il 29 aprile 1993 la Camera dei deputati negò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi, che all’epoca, in quanto deputato, godeva ancora dell’immunità parlamentare. Quello stesso giorno Craxi si era presentato nell’aula e in un discorso ammise di aver ricevuto finanziamenti illeciti, ma si giustificò sostenendo che i partiti non potevano sorreggersi con le entrate legali e attaccò l’ipocrisia di coloro che, all’interno del Parlamento, sostenevano le tesi dei magistrati, ma in realtà anche loro avevano beneficiato del sistema delle tangenti. Mentre il Presidente della Camera Giorgio Napolitano leggeva i risultati delle votazioni, contrari all’autorizzazione, i deputati della Lega Nord e del MSI insultarono i colleghi dando loro dei «ladri» e degli «imbroglioni».
La mancata autorizzazione scatenò una reazione violentissima: Occhetto fece ritirare i tre ministri del PDS (Augusto Antonio Barbera, Luigi Berlinguer e Vincenzo Visco), mentre Francesco Rutelli si dimise per protesta dall’appena costituito governo Ciampi. Il giorno dopo studenti dei licei romani manifestarono per le strade della Capitale: alcune Università furono occupate, in molte città le sedi del PSI furono assalite dai manifestanti; la stessa sezione nazionale in via del Corso fu oggetto di una sassaiola, scongiurata da alcune cariche della polizia. Nel pomeriggio i partiti di sinistra (PDS, Verdi, PRC e altri) indissero una manifestazione a piazza Navona, mentre il MSI ne allestì una parallela davanti a Montecitorio: entrambe chiedevano lo scioglimento delle Camere.
Al termine delle manifestazioni, un gruppo di persone si avvicinò all’Hotel Raphael, in largo Febo nel centro di Roma, che era la residenza capitolina di Craxi. Quando l’ex segretario socialista uscì dall’albergo, i manifestanti gli lanciarono oggetti di ogni tipo, soprattutto monetine; altri sventolavano banconote (gridando: «Bettino, vuoi pure queste?»), e nel frattempo venivano scanditi slogan contro il politico socialista cui auspicavano il carcere («Bettino, Bettino, il carcere è vicino!») o addirittura il suicidio. *Nei giorni scorsi in occasione del trentennale dal lancio delle monetine, il figlio Bobo ha fatto richiesta di apposizione di una targa commemorativa in sua memoria nei pressi di Piazza Navona e Largo Febo, dove si visse quell’ignobile vicenda. Il testo che ha proposto è ‘Roma ricorda Bettino Craxi. Qui visse come politico e presidente del consiglio dal 1969 al 1993’.
I magistrati del pool di Milano, che avevano stilato altre autorizzazioni a procedere, annunciarono che avrebbero presentato ricorso alla Corte costituzionale contro quella che consideravano un’interferenza del Parlamento nei loro poteri. Pochi mesi dopo, il 4 agosto, la Camera autorizzò a indagare su Craxi in base a quattro nuove richieste di autorizzazione a procedere.
L’opinione pubblica, dopo l’iniziale smarrimento, si schierò in massa dalla parte dei PM: la legge sul finanziamento pubblico ai partiti veniva percepita come priva di senso, visto che per anni era stata spiegata con le necessità di sostentamento della politica ed ora si scopriva che ciò non aveva fatto venir meno la corruzione
L’opinione pubblica, dopo l’iniziale smarrimento, si schierò in massa dalla parte dei PM: la legge sul finanziamento pubblico ai partiti veniva percepita come priva di senso, visto che per anni era stata spiegata con le necessità di sostentamento della politica ed ora si scopriva che ciò non aveva fatto venir meno la corruzione.
Nacquero comitati e movimenti spontanei, furono organizzate fiaccolate di solidarietà con il pool, sui muri comparvero scritte come «W Di Pietro», «Di Pietro non mollare», «Di Pietro facci sognare» e «Di Pietro tieni duro!». Si diffusero persino slogan come «Tangente, tangente. E i diritti della gente?» o «Milano ladrona, Di Pietro non perdona!», o anche «Colombo, Di Pietro: non tornate indietro!»; vennero distribuiti saponi Mani pulite e orologi Ora legale. Nei sondaggi dell’epoca, la popolarità di Di Pietro e del pool raggiunse la percentuale record dell’80%, la cosiddetta «soglia dell’eroe».
Oggi siamo giunti a trentun anni da quella brutta pagina di storia della politica italiana e a seguito anche degli ultimi articoli pubblicati su “Il Riformista” a inizio aprile, dove è stato detto chiaro e tondo che “Un tentato golpe nel 1992 tentò di rovesciare la democrazia”. Se ciò è confermato allora il pool di mani pulite avrebbe violato l’articolo 338 che punisce la minaccia al corpo politico con una pena fino a sette anni di reclusione. Alla luce di questo credo che i tempi siano maturi per una “ Commissione d’ inchiesta su Tangentopoli” e aggiungo forse abbiamo perso anche troppo tardi.
Riavvolgiamo il nastro e vediamo che già tra il 1998 e il 1999 il Polo delle Libertà aveva provato a far nascere una commissione d’inchiesta su Tangentopoli, con l’appoggio dei socialisti e dei parlamentari vicini a Francesco Cossiga. All’epoca, però, la proposta non ebbe successo. Mentre veniamo ai giorni nostri Alessandro Battilocchio ha depositato un disegno di legge per creare una commissione d’inchiesta su Mani pulite. Deputato da due legislature con Forza Italia, già europarlamentare, proveniente dal Partito Socialista e indicato come vicino a Gianni De Michelis e, senza dimenticare la sua appartenenza al Nuovo PSI (nPSI).
Nella proposta di Battilocchio si lega la creazione della commissione d’inchiesta ad alcune dichiarazioni di Antonio Di Pietro, contenute in un’intervista televisiva del 2017. “Ho fatto una politica sulla paura e ne ho pagato le conseguenze. La paura delle manette. Con l’inchiesta Mani pulite si è distrutto tutto ciò che era la cosiddetta Prima Repubblica: il male, e ce n’era tanto con la corruzione, ma anche le idee”, è il virgolettato dell’ex pm di Milano, poi leader d’Italia dei valori, riportato nella proposta di Battilocchio. Che a proposito della “paura delle manette” si chiede “come tutto questo ha influito sulle dinamiche di creazione e condotta della cosiddetta Seconda Repubblica?”. L’obiettivo di questa commissione dunque sarebbe “verificare quanto le vicende di quegli anni abbiano influito nell’alterare la politica e la società italiana”. Se la proposta dovesse essere approvata, la commissione d’inchiesta avrebbe – come tutti gli organi parlamentari di questo tipo – gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria.
Da socialista e cittadino della Provincia di Salerno ricordo bene la “Tangentopoli salernitana” specialmente la sera del 31 maggio 1993 con gli arresti di Vincenzo Giordano (Sindaco di Salerno), il Sindaco galantuomo-Salerno Socialista. Visto che siamo agli inizi di maggio lancio un appello ai socialisti della provincia di Salerno , di organizzare un iniziativa pubblica legata a quel periodo.
Da socialista chiedo all’amico Battilocchio di rilanciare nei prossimi giorni questa proposta della Commissione d’inchiesta e a tutti i compagni socialisti di firmare un documento di supporto a tale proposta. Si parta da questa battaglia comune per provare a raggiungere l’ Unità Socialista (da tanti anni evocata), tema da affrontare negli “Stati Generali del Socialismo” ma soprattutto con iniziative pubbliche da realizzarsi nei prossimi gg., settimane, mesi. Operazione verità per il popolo italiano, per riabilitare i Socialisti che hanno pagato un prezzo troppo alto ma soprattutto per la figura di Bettino Craxi. Socialisti Uniti per riscrivere quella pagina di storia della Repubblica Italiana, AVANTI.
*ex Presidente del Forum dei Giovani di Oliveto Citra, esponente nPSI