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17 Novembre 2024

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31 maggio 93, quel pomeriggio che cambio’ la storia di Salerno

da ‘IL MATTINO’

Lo ricordo quel tardo pomeriggio del 31 maggio del 1993, avevo quindici anni. Giocavo a calcio, nello spiazzale di Via Tanagro che diventava un campo, e la nostra partita fu interrotta da volanti della polizia e gazzelle dei carabinieri. Ci fermarono, le macchine invasero lo spazio, alcuni agenti entrarono nei giardini della cooperativa Belvedere e raggiunsero la parte di giardino dove il professore Vincenzo Giordano, primo cittadino di Salerno, giocava a tresette. Troncarono la partita che il Sindaco, quasi ogni pomeriggio, intratteneva a con i suoi amici. Lo fecero salire a casa e dopo una ventina di minuti riscesero, lo circondavano. Gli uomini in divisa, quelli rimasti giù, ci dissero: lo arrestiamo. Pesavano di intercettare, cosi, il favore mio e degli amici, dei ragazzini che avrebbero dovuto fare il tifo contro i ‘ladri’. Erano gli anni del furore giustizialista. In me, ed in verità in tutti i ragazzi di Via Tanagro, si scatenò il sentimento opposto: per noi arrestavano il sindaco perbene.

A quindici anni non si esprimere un giudizio politico su fatti cosi importanti. Per noi, per me, Giordano era il sindaco che si informava delle nostre partite, che ci consentiva di trasformare il piazzale in campo di calcio, che era dalla nostra parte quando i vigili venivano a contestarci le linee che con la vernice bianca facevamo sul cemento per delineare le aree di gioco, era il sindaco che andava in autobus in Comune. Quel pomeriggio ha segnato la mia vita, anni dopo realizzai che avrebbe trasformato la storia della città. Quel lunedì di fine maggio con lui furono arrestati un signore di altri tempi, Aniello Salzano, ed un brillante e capace assessore come Fulvio Bonavitacola. 

La falsa rivoluzione giudiziaria spalancava, in maniera violenta, le porte ad altri. 

Lo aspettai, il mio Sindaco, per 54 giorni, ero curioso di sapere e capire. Qualche giorno dopo la scarcerazione, eravamo in piena estate, lo trovai sulle panchine del parco. Vinsi la timidezza, ero troppo curioso e desideroso di capire, lo avvicinai, gli chiesi cosa fosse successo. Fu burbero ad un primo impatto, lui era cosi, poi iniziammo a parlare, non abbiamo più finito. Fu in quella caldissima estate che nacque il mio rapporto con il sindaco perbene, con il socialista galantuomo. 

Negli anni gli ho voluto bene come un padre, con lui ho scoperto il fascino autentico dell’opzione socialista, dalla parte degli ultimi e motore di cambiamento, ho attraversato la stagione della violenza giudiziaria, quella delle regole stravolte, della magistratura disinvolta e politicizzata. 

Con lui, grazie ai suoi racconti, alle interminabili discussioni, ho vissuto e compreso la trasformazione di questa citta. Ho capito Salerno, quando la vulgata attribuiva meriti ad altri, e respirato il disegno riformatore che animò la fine degli anni ottanta. Con lui ho passeggiato sul Trincerone, un’opera strategica che ha trasformato il capoluogo, ed ancora ho compreso le grandi intuizioni della Lungoirno, della pedonalizzazione del Corso Vittorio Emanuele, il corso da Re, della edilizia popolare, degli interventi a tutela delle arre verdi, della modernizzazione della macchina comunale. Con lui ho compreso che la politica è servizio, passione, ‘malattia incurabile’ diceva. Ero al sui fianco quando lottava contro le volgarità giustizialiste, contro i moralisti a tanto al kilo, quando denunciava l’uso politico delle inchieste.

Negli anni ho compreso quanto ha amato la citta e quanto tanti salernitani, in una citta che coltiva poca memoria, hanno amato lui.

Trenta anni dopo quel maledetto lunedì riavvolgo il nastro, sento il dovere di tornare a quei pomeriggi. Avverto il bisogno di recuperare quella curiosità e quell’entusiasmo magari nella illusione di raccontare, sogno ad altri quindicenni, la pagina più triste e drammatica della storia politica cittadina: quella del sindaco socialista, perbene e visionario, che avviò la trasformazione della nostra bellissima Salerno e che finì in carcere perché all’inizio degli anni novanta la magistratura, la cattiva politica e certa stampa stravolsero la storia del Paese. 

Sento il desiderio di ripartire da quella stagione affinché chi governa oggi possa promuovere azioni di verità, affinché si abbia (sempre) il coraggio di denunciare le azioni strumentali delle toghe, perché riviva il metodo di ‘Salerno progetta Salerno’. Ed ancora, perché no, affinché trovi rinnovato slancio il pensiero socialista. 

Gaetano Amatruda 

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