di Luigi Mazzella
La difesa ipocrita degli azzeccagarbugli, sedicenti intrisi di alti principi, di docenti paludati, giunti in cattedra per fedeltà all’ideologia dei “maestri”, degli aspiranti al linguaggio tecnico-giuridico nel falso presupposto di essere nati nel Paese considerato (olim) “culla del diritto”, dei pennivendoli, memori di essersi laureati in giurisprudenza anche se all’epoca e sull’onda del “diciotto politico”, è inequivocabilmente unidirezionale: portare sempre il problema della riforma della giustizia sul terreno del tecnicismo giuridico più accentuato per allontanare l’attenzione della gente dai profili politici che sono quelli che contano, poi, veramente.
Il diffuso filo-americanismo, divenuto proprio ormai (si può dire “miracolistica mente”, un po’ per celia e un po’ per non morir) di tutte le forze politiche che operano nel Paese (dai comunisti, estremi e moderati, dai pentastellati “grillini”, dai cosiddetti centristi di varia denominazione fino agli “ultras” di ogni colore sedicenti indipendenti, ha fatto sì che colpire il bersaglio rappresentato da Carlo Nordio, un uomo dabbene e competente, che sta tentando (forse vanamente data la “parrocchia” che lo ha scelto, ma con tutte le migliori intenzioni) di modificare le cose è diventato facile come un gioco da bambini.
“L’invenzione” anglo-americana di utilizzare “l’indipendenza assoluta” dei magistrati per fare piazza pulita degli uomini di governo scomodi in Paesi che diventano sempre di più, grazie al consumismo imperante (com’è nel caso dell’Italia) di corruzione endemica e particolarmente diffusa soprattutto dopo l’allontanamento dalla scena politica delle “persone per bene”, giustamente atterrite da avvisi di garanzia farlocchi, si rivela uno strumento di egemonia, per i Paesi, in buona sostanza, “colonizzatori”, troppo importante per non essere ritenuto “irrinunciabile”.
In conseguenza, il cosiddetto “uso politico della giustizia”, è, in buona sostanza, difficilmente estirpabile d dalla gramigna dell’Occidente.
La giustizia è di per sé una sorta di tabù inattaccabile.
Essa è considerata dai religiosi un campo addirittura “sacro” e anche per i laici rappresenta un’area di comportamenti in qualche modo “interdetta” e “proibita”.
Lo prova la “canizza” nata e sviluppatasi sui mass-media (tutti bisognosi di soccorsi finanziari) intorno alla “riforma” di Carlo Nordio.
L’uso politico della giustizia, ritenuto dagli spioni e dai militari di sottopancia del Deep Statestatunitense (e non solo di essi) un necessario rimedio alle scelte considerate “sbagliate” del volgo votante, un vero e proprio necessario “correttivo” alle “sorprese” della democrazia, un “indispensabile” accessorio esportato insieme alla “democrazia” nei Paesi dove giunge la luce del “faro di civiltà” delle sponde americane, è considerato “semplicemente” inattaccabile!
Nei Paesi dove l’anglicanesimo-calvinista ha seminato a piene mani la sessuofobia “bacchettona” dei cosiddetti “puritani”, anche per i spioni di bassa tacca è agevole scoprire qualche “scopata” giovanile nel passato remoto di un personaggio politico a essi non gradito per trascinarlo davanti ai giudici per un ridicolo, ma non per questo meno dannoso, “me-too” ed eliminarlo dal proscenio politico.
Nei Paesi dove, invece, il fanatismo religioso (giudaico-cristiano) o politico (fascista o comunista) copre il novantanove per cento della popolazione e ha conosciuto i nefasti dell’Inquisizione, della caccia medievale alle streghe, delle condanne al rogo per i non credentiet similia, l’uso politico della giustizia è considerato un dono prezioso, una vera manna celeste, un desiderato e ineguagliabile stimolo alla rissa permanente, “madre di tutte vittorie politiche”.
Anche per la riforma Nordio, fior di professori di diritto si sono cimentati sulle minuzie tecniche dei problemi, per far sì che l’opinione pubblica ignorasse del tutto la sostanza del problema nella sua globalità che è eminentemente politica.
E ciò nonostante che la riforma abbia interessato solo aspetti secondari della vera “piaga” che affligge il Bel Paese, non toccando né lo status, assurdamente comune, di giudicanti e pubblici accusatori, né l’autoreferenzialità degli organi di governo dei magistrati, né le loro “infiltrazioni” inquinanti in altri organi costituzionali fuori da ogni controllo parlamentare, nè la loro intoccabile, sostanziale irresponsabilità.
Domanda: Quali propspettive per il futuro?
E’ difficile che le riforme più incisive non si trasformino nelle classiche “bolle di sapone”. La “pulzella” deve molto più di quanto si possa pensareagli americani (che non amavano il centro destra di Berlusconi). E’ credibile che privi il Paese del più importante addentellato della loro democrazia d’esportazione, “l’uso politico della giustizia”?
Staremo a vedere! – concludo riportando quanto mi ha scritto una cara amica, commentando il mio articolo precedente.