di Angelo Giubileo
Nel corso della conferenza stampa tenuta il sesto giorno dall’attacco di Hamas ai territori e al popolo di Israele, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il Segretario di Stato americano Antony Blinken, pur nel contesto di due diversi interventi, hanno entrambi rimarcato come, nei confronti della situazione generale complessiva: “ci vuole chiarezza morale”.
So bene che, riguardo alla frase appena citata, le interpretazioni dalla lingua usata divergeranno finanche a mutare il significato essenziale che le parole stesse abbiano voluto rappresentare. E tuttavia, al contrario di quanto si dice circa gli albori del pensiero filosofico greco, non resto sorpreso o meravigliato da ciò che in questi giorni è accaduto e potrebbe anche accadere. E quindi non condivido affatto il pensiero di chi sostiene, nell’immaginario, che gli eventi odierni non possano far parte del discorso dell’attualità e della modernità. Gli scontri tra Hamas e Israele farebbero piuttosto parte del passato, e in specie di un passato che non può più fare ritorno.
Nel mondo di poco più dell’ultimo secolo la realtà ha visto due guerre globali e innumerevoli conflitti territoriali, e quindi qualcosa nel complesso mai verificatasi in precedenza, e in uno spazio mai così largo e in un tempo mai così apparentemente ristretto. E tuttavia: non esiste uno spazio e un tempo dell’antichità separato da uno spazio e un tempo della modernità. Ed è questo, esattamente questo, che la realtà e la storia di Israele testimonia. Anche se siamo consapevoli che, soprattutto nei tempi ristretti e attuali dell’informazione quantistica, molti sono coloro che propugnano e auspicano una cancellazione del passato e l’avvento di un futuro (come sempre) glorioso. E allora: ci vuole chiarezza morale.
Nel corso degli ultimi due millenni, quando l’immaginario della storia di Israele è cambiato agli occhi del mondo intero, lo stesso immaginario è stato asservito a un cambio di paradigma, che per l’appunto ha sancito il passaggio da un’epoca cosiddetta dell’antichità a un’epoca cosiddetta della modernità. Il nuovo immaginario è stato eretto mediante un Apparato scientifico-tecnologico alla cui costruzione l’uomo, e in particolare il filosofo greco, ha lavorato fin dal tempo del “secondo” Platone, il Politico.
Dal mondo del divino al mondo del politico, la relazione tra l’essere e l’uomo – l’esserci di cui ci dice Martin Heidegger – ha assunto un significato del tutto diverso: la semplicità dell’essere è stata sepolta in un oblio totale e il regno segreto della natura ridotto a forze dall’uomo che sta per impadronirsene da usurpatore (Holzwege, Il detto di Anassimandro). Così che la chiarezza morale si è persa e il politico continua a parlare di “pace duratura fondata sulla giustizia” e da perseguire con ogni mezzo lecito a disposizione.
Ma una pace duratura è essenzialmente diversa da una “pace eterna”, che contrassegna il <divino> e rappresenta l’ideale condizione dell’uomo in viaggio tra la vita e la morte. E quindi, oltre la costruzione di ogni Logos o Apparato scientifico-tecnologico, sta la sempiterna storia di Israele, la cui vicenda (Gen. 32,29) continua a rammentarci, proprio come in un eternomemoriale, che ci vuole chiarezza morale.