di Angelo Giubileo
Leggendo il libro di Paolo Macry, “La destra italiana” (Laterza 2023), la netta sensazione è che “destra” e “sinistra” siano soltanto vecchi arnesi o categorie di una politica, ottocentesca, tuttavia definitivamente tramontata.
E cioè una visione della politica legata a “valori, programmi e prospettive” precostituiti ma estranei alla realtà del presente.
L’autore giudica, da “sinistra” (in modo che possiamo dire ‘politicamente non corretto’), ciò che la “destra” avrebbe rappresentato nel nostro Paese lungo un secolo di storia, che lui definisce: “una lunga storia di fantasmi e inganni”.
Ma, a parte le assai vistose lacune e inesattezze del prospettato discorso, c’è tuttavia un punto del discorso, sostanziale e dirimente, su cui siamo d’accordo con l’autore. Il punto è questo: “il primo tratto dell’essere di destra è il ‘realismo’, quello che si chiama ‘principio di realtà’: il rifiuto di ogni decorazione utopista, di ogni costruzione ideologica”.
Ora, qualcuno che ha letto il libro obiettera’ che queste sono parole di Giorgia Meloni, e non dell’autore. Il quale però non nega che il Pci, prima, e la sinistra, poi, “per legittimarsi abbiano promosso l’antifascismo da momento storico contingente a ideologia” e risalendo all’ideologia risorgimentale abbiano inteso “educare” gli italiani. Di cui viceversa Berlusconi avrebbe detto che “vanno benissimo come sono”. Indubbiamente, quindi, due approcci diversi: uno realista, l’altro ideologico e moralista!
Senz’altro risulta difficile se non impossibile esprimere una convinta opinione, e men che meno un giudizio, sui destini politici che in Italia hanno attraversato la lunga storia di un secolo. E tuttavia, è piuttosto facile constatare come la “sinistra” si sia quasi sempre trovata dalla parte sbagliata della storia. Lo dimostra non soltanto la storia italiana, ma anche l’ultimo libro di Macry.