Di Luigi Mazzella
E’un dato storico inconfutabile: le guerre di religione durano più a lungo delle altre e c’è il rischio che in date condizioni di insistenza di diverse credenze fideistiche nello stesso luogo diventino “eterne”. E’ quest’ultimo il timore espresso dai reali di Giordania riportato dalla stampa italiana odierna.
Per l’Europa si tratta difatti remoti nel tempo. L’inizio risale, al 1500 e. più precisamente alle rivolte dei contadini in Germania subito dopo la riforma protestante di Martin Lutero e la Controriforma cattolica. Una cruenta lotta tra cattolici e protestanti (dai nomi diversi: Calvinisti presbiteriani in Scozia, Calvinisti ugonotti in Francia, Calvinisti anglicani o Puritani in Inghilterra e poi in America e altre colonie britanniche) devastò un’Europa profondamente divisa per la difesa dei tanti credi ivi esistenti. Dalla Germania la rivolta si estese alla Svizzera che si divise in due (Basilea e Berna con i Luterani e Friburgo a il Vallese cattolici).
Naturalmente il focolaio era più inestinguibile in contesti multietnici.
Seguì la guerra degli Ottant’anni, terminata con la pace di Munster e costellata da molti episodi: la distruzione dell’invincibile Armata cattolica di Filippo II ad opera delle navi di Elisabetta I d’Inghilterra che salvò l’indipendenza della chiesa anglicano calvinista che, presto però, fu scossa, al suo interno, dallo scontro tra arminiani e gomaristi e la definitiva sconfitta della flotta spagnola nella Guerra sul Mare (celebre la battaglia delle Dune.
Agli inizi del Seicento, anche la Francia, dopo la politica filo-spagnola della Reggente Maria de’Medici, fu travolta da conflitti religiosi, interni (campagna contro gli Ugonotti) ed esterni (nei teatri di guerra in Germania e Italia).
Riforma protestante e Controriforma cattolica furono anche alla base della Guerra detta “dei Trent’anni”che vide il coinvolgimento di quasi tutto il Vecchio Continente (Germania, Francia, Ungheria, Austria, Svezia) e si concluse con la pace di Vestfalia (1648).
Una caratteristica delle guerre di religione è sempre stata la particolare crudeltà degli episodi che le hanno caratterizzate. Tremila Ugonotti furono barbaramente massacrati, in Francia, nella notte di “San Bartolomeo”.
Alle guerre di religione partecipavano pure prelati della Chiesa di Roma.
Ignazio di Loyola fondatore del Collegio Romano (poi Germanico) e dell’Ordine dei Gesuiti definiva “peccato mortale l’occisione di un uomo” ma “santa”quella di un infedele.
Un tale insegnamento è quello che probabilmente temono i reali di Giordania. Essendo in quelle terre contestuale e particolarmente “vivo e vegeto” il pluralismo delle varie credenze religiose (sia pure in un contesto che si dice ugualmente monoteistico ma che è ricco di scismi e di eresie) il Re Abdallah (come a suo tempo il Re Hussein, morto del Duemila) ha scarsa fiducia che passionalità religiose così forti possano mai placarsi anche con il passare dei secoli e parla, quindi di “crisi eterna”.
La stessa convinzione deve probabilmente avere la scrittrice Edith Bruck, vivente in Italia, che afferma di avere cambiato idea sui migranti e di essersi ormai convinta che non si debbano accogliere quelli che odiano gli ebrei.
Evidentemente, anche per lei un tale odio sfiderà i secoli e si perpetuerà nelle generazioni future di quelli che sbarcano, oggi, sulle nostre coste.
Peccato che non l’abbia capito prima. Come non ha compreso, pur essendo una donna colta, che l’idea di un Dio che protegga e ritenga eletto o ami (Gott mit uns) un popolo più degli altri non sempre giova alla pace nel mondo.