di Valeria Torri
Intelligenza artificiale, dibattito politico costruttivo, solidarietà e partecipazione attiva alla vita civile delle cittadine e dei cittadini italiani sono i temi che, tra gli altri, si sono susseguiti, uno connesso all’altro, nel bellissimo discorso di fine anno del Presidente della Repubblica.
Parole pronunciate con sguardo limpido e fermo, come quello di un padre preoccupato e intento ad offrire una possibile alternativa.
«Dobbiamo fare in modo che la rivoluzione che stiamo vivendo resti umana», dice il nostro Presidente. Un piglio deciso e rassicurante, quello al quale ci ha abituati Sergio Mattarella, del quale vorremo non dover mai fare a meno, come fosse un porto sicuro nel bel mezzo di quello che verrà ricordato come «il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio».
Il focus, nel discorso del Presidente, è dunque l’intelligenza artificiale e i rischi che ne derivano per la libertà e la democrazia.
Tra le nostre priorità, evidentemente, c’è quella di innalzare barriere etiche all’intelligenza artificiale e dare applicazione pratica al concetto di algoretica, ovvero dare un’etica agli algoritmi.
Lo ha spiegato anche la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, parlando del G7 2024, occasione in cui sarà l’Italia ad ospitare la riunione dei sette Paesi altamente industrializzati (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, cui si aggiunge l’Unione Europea) che si terrà nella seconda metà di giugno, dopo il voto europeo previsto per il 9-10.
L’Italia, ha detto Meloni, intende tenere una conferenza internazionale sul rapporto tra intelligenza artificiale e lavoro: «Noi dobbiamo evitare che aumenti il divario tra i ricchi e i poveri, che scompaia la classe media e che in definitiva l’impatto dell’intelligenza artificiale sia più negativo che positivo sulle nostre vite e sulle nostre società. In questo immane lavoro, viene in nostro aiuto anche ciò che è stato fatto dalla Santa Sede, con la Rome Call for AI Ethics, un documento per un approccio etico all’intelligenza artificiale».
Venerdì scorso, difatti, lo studioso di bioetica e sacerdote Paolo Benanti è stato nominato nuovo Presidente della Commissione sull’Intelligenza Artificiale per l’Informazione, cui spesso l’informazione pubblica si riferisce come Commissione algoritmi, organo istituito dal Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria del Governo italiano per discutere ed esaminare le implicazioni della cosiddetta intelligenza artificiale sul giornalismo e sull’editoria in generale.
Compito della Commissione è consigliare il Dipartimento sulle eventuali strategie da seguire per gestire le implicazioni dei software di intelligenza artificiale sul settore dell’informazione e dell’editoria.
La Commissione si occuperà principalmente di due cose: «Da un lato, la difesa del diritto d’autore, sulla quale la Commissione AI per l’Informazione farà le proprie osservazioni, che potranno costituire, tenuto conto della legislazione vigente, la base di una proposta normativa; dall’altro, la difesa dell’originalità del lavoro giornalistico e della responsabilità editoriale», ha spiegato Alberto Barachini, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri con delega all’informazione e all’editoria.
L’intervento di apertura del Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Bartoli, alla Conferenza stampa annuale con la Presidente del Consiglio, è stato incisivo sul punto: «Con l’avvento dell’Intelligenza artificiale, l’Italia deve scegliere se accettare di essere tagliata fuori dal grande mercato internazionale della cultura e dell’informazione o cercare di riguadagnare un ruolo in quell’ambito nel quale si produrrà e distribuirà una fetta rilevante della ricchezza planetaria. Per farlo, occorre un’alleanza di tutti i soggetti in campo: Governo, Parlamento, autorità regolatorie, editori, nuove professionalità, giornalisti. Noi ci siamo, ma occorre fare prestissimo».
Del resto, anche editori e giornalisti sono chiamati in causa in una vicenda che mette in gioco il futuro della democrazia. Si tratta perciò di discutere dell’adozione di una nuova regolamentazione a partire dalla trasparenza e tracciabilità dei contenuti immessi in rete sino alla responsabilità e deontologia dei professionisti addetti all’informazione. L’obiettivo è quello della tutela del diritto alla libertà di opinione che include quello di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza alcuna.
«Libertà indipendente da abusivi controlli di chi, gestori di intelligenza artificiale o di potere, possa pretendere di orientare il pubblico sentimento» ha ammonito il Presidente Mattarella. «Ascoltare, quindi; partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce. Perché la forza della Repubblica è la sua unità. Unità non come risultato di un potere che si impone. L’unità della Repubblica è un modo di essere. Di intendere la comunità nazionale. Uno stato d’animo; un atteggiamento che accomuna; perché si riconosce nei valori fondanti della nostra civiltà: solidarietà, libertà, uguaglianza, giustizia, pace. I valori che la Costituzione pone a base della nostra convivenza. E che appartengono all’identità stessa dell’Italia».