di Valeria Torri
Jannik Sinner è molto più di un campione di tennis; è un ambasciatore di valori umani e familiari che rendono la sua storia un esempio e un’ispirazione per molti. Attraverso il talento, l’umiltà e l’amore per la famiglia, Jannik incarna il perfetto equilibrio tra successo sportivo e autenticità umana.
Ha riportato la Coppa Devis in Italia dopo 46 anni. Con 10 tornei ATP, Sinner è il più vittorioso tennista italiano, insieme a Panatta; il suo palmarès vanta un titolo Masters 1000, tre ATP 500 e sei ATP 250.
Ora è approdato al quarto turno degli Australian Open e quest’anno si candida seriamente a vincere uno Slam e a concorrere alla corsa al numero 1 al mondo. Eppure Jannik non smette di alzare l’asticella.
E’ al culmine di un periodo di straordinaria crescita tecnica, fisica e mentale. Il suo tennis è costrutto metaforico della crescita e lo sviluppo di un giovane essere umano che realizza sé stesso. Nell’ultimo anno ha battuto 15 dei primi 16 giocatori al mondo.
E se alcune statistiche appassionano solo gli addetti ai lavori, questa, da sola, è capace di raccontare l’esplosione di un giocatore dalle doti e potenzialità straordinarie.
Nel mondo del tennis, dove la grinta e la determinazione spesso catalizzano l’attenzione degli sportivi più o meno competenti, emergono – sempre più di rado – storie che vanno al di là dei campi da gioco.
Jannik, nato nella bellissima San Candido, ha radici salde nella sua amata Val Pusteria. La sua è una famiglia molto unita, un punto di riferimento nella vita del giovane tennista, che con i suoi genitori e suo fratello condivide un legame di profondo affetto, riservato, eppure palpabile.
Suo padre Hanspeter e sua madre Siglinde lavoravano al Rifugio Fondovalle in Val Fiscalina, l’uno come cuoco e l’altra come cameriera. Ora il papà fa da mangiare solo per il suo Jannik, che segue in giro per il mondo.
Nella crescita umana e sportiva dell’altoatesino, la presenza e il supporto della sua famiglia svolgono un ruolo fondamentale. I genitori, con amore e dedizione, hanno accompagnato il figlio in ogni fase della sua carriera. Questa rete di affetto è diventata un pilastro per Jannik, il cui successo è intrecciato al tessuto delle relazioni familiari.
Anche il fratello Mark conferma il valore dell’esempio dei loro genitori e il ruolo che esso esercita sul percorso di Jannik e sulle sue scelte di vita.
Mark è stato adottato dalla famiglia Sinner quando pensavano di non poter avere figli. Ha visto diventare suo fratello, con cui condivideva la camera, il più forte tennista italiano di sempre. Avrebbe potuto vivere di rendita, con i milioni guadagnati dal fratello, ma ha scelto di rimboccarsi le maniche: «Lavoro alla scuola provinciale antincendio a Vilpiano, dove sono istruttore dei vigili del fuoco – ha detto – faccio quello che ho sempre voluto fare, sulla base degli insegnamenti dei miei genitori. Ci hanno spronato a impegnarci, nello studio, nello sport e nel lavoro. Ma senza pressioni. Ci dicevano di andare avanti se ne avevamo voglia, altrimenti di lasciar stare e dedicarci ad altro. Non si permettevano di decidere per noi. Forse questa è stata la vera forza che ha permesso a mio fratello di sfondare».
Un pensiero che appartiene allo stesso Jannik che, qualche tempo fa, ha dichiarato: «Tutti i giocatori si innervosiscono durante una partita, ma cerco di stare calmo perché le partite possono essere molto lunghe. Penso di doverlo ai miei genitori. Hanno molto rispetto per il loro lavoro e credo che mi abbiano trasmesso quella mentalità: rispetto per il lavoro, rispetto per tutti, imparare ad accettare che in campo può succedere di tutto».
Oltre ai trionfi sportivi, Sinner si distingue per il profondo rispetto che mostra nei confronti degli avversari e per la sua generosità fuori dal campo. Coinvolto in iniziative benefiche e sociali, il tennista italiano dedica tempo ed energie per migliorare la vita degli altri. La sua sensibilità verso le sfide umane e la sua capacità di ispirare vanno ben oltre le sue vittorie.
La sua ascesa folgorante non gli ha fatto perdere il senso della sua umanità. La fama internazionale non ha intaccato la sua autenticità.
A novembre dello scorso anno, un gruppo di bambini ha scritto all’Associazione Cor et Amor, che porta avanti il progetto nazionale “Costruiamo Gentilezza”, indicando Sinner come campione di gentilezza: «Jannik grazie per le emozioni e per la tua gentilezza. Sei un campione in campo e nella vita».
E’ lui stesso a riconoscere le sue aspirazioni: «Ho iniziato a giocare a 3 o 4 anni, ma giocavo anche a calcio e sciavo. A 7 anni non ho toccato la racchetta per un anno. Mio padre poi mi disse di provare ancora. Da allora ho cominciato a divertirmi. Mi è dispiaciuto lasciare i miei amici, mi è dispiaciuto smettere di giocare a calcio, lasciare lo sci e poi stare distante dalla mia famiglia; avevo deciso di giocare a tennis. Fu allora che decisi di lasciare casa, non è stato facile ma ora sono contento di quella decisione. Per me la cosa più importante è essere un ragazzo gentile dentro e fuori dal campo».