Dall’AVANTI
Vincenzo De Luca, una lunga e strutturata militanza a sinistra, oggi Presidente della Regione Campania, non predilige le interviste con la carta stampata, preferisce il video. Quello non modifica il suo pensiero. Averne una, allora, un privilegio. Sulle grandi questioni che interessano la sinistra ci sta. Lui, noto per il pragmatismo dell’azione, ha piena contezza della necessità di costruire percorsi valoriali e culturali sui quali poggiare le esperienze di governo. Nell’analisi ha coraggio, nel ragionamento indica una direzione di marcia. Nuova. Riformista.
Venticinque anni moriva ad Hammamet Bettino Craxi. Lei, in un recente convegno, ha detto: dobbiamo riconoscere che ha avuto ragione lui. Perché?
Perché storicamente, rispetto ai ritardi drammatici della tradizione comunista (dall’Ungheria alla Cecoslovacchia e dopo); ai residui di ideologismo presenti in tante impostazioni programmatiche relative alla crescita economica la cultura riformista e socialdemocratica, si è rivelata vincente. E poi, perché nella lettura delle trasformazioni sociali che investivano il nostro Paese, la lettura socialista è stata più pronta e rispondente alla realtà.
Craxi e Berlinguer. Due grandi leader, le loro incomprensioni sono la sintesi di due sinistre che mai si sono incontrare per fare sintesi. Negli anni Ottanta non erano maturi i tempi. E’ la sfida del prossimo decennio?
Hanno pesato sicuramente anche i caratteri. Ma hanno pesato soprattutto le storie di cui erano figlie ed espressione. Non mi piacciono i cambi di opinione e le valutazioni che mutano a seconda delle stagioni politiche. E sono quelle storie che dobbiamo analizzare criticamente, per approdare ad una sintesi del tutto possibile e necessaria. Berlinguer era figlio di quelli che avevano pagato più duramente la lotta aperta al fascismo; guidato nel Dopoguerra le lotte per la terra e per il lavoro; subìto le discriminazioni politiche, e costruito un senso dell’organizzazione. Era difficile cancellare questa storia anche quando, con il passare del tempo, ha finito per dare luogo a una incapacità di analisi della modernità, ad un atteggiamento di insopportabile presunzione di superiorità morale e di diversità rispetto agli interlocutori. Craxi ha combattuto contro questa forma di presunzione del tutto immotivata, e ha letto con lucidità i mutamenti sociali, ha difeso anche in maniera più efficace lo stesso mondo del lavoro. Ma è rimasto poi impigliato in due limiti: un lavoro non fatto sul partito, e una lettura alla fine acritica rispetto ai limiti che il liberismo dominante cominciava a mostrare. Oggi, sulla base di queste valutazioni storiche davvero non ha senso una separazione priva di sostanza.
Craxi è stato un gigante in politica estera. Ha collocato senza ambiguità il nostro Paese nel campo delle alleanze occidentali, all’interno della Nato; ma dimostrando un’autonomia e dignità nazionale che ancora oggi è un esempio
In questi anni il centrodestra, a partire da Berlusconi, ha rivalutato e rilanciato la storia di Craxi protagonista in politica estera e riletto la vicenda di Tangentopoli con più autonomia rispetto a certa magistratura. Perché la sinistra non ci è riuscita?
Craxi è stato un gigante in politica estera. Ha collocato senza ambiguità il nostro Paese nel campo delle alleanze occidentali, all’interno della Nato; ma dimostrando un’autonomia e dignità nazionale che ancora oggi è un esempio. Il pensiero va a Sigonella, ovviamente, quando Craxi ha dimostrato che in Italia decide l’Italia. E’ stata una grande politica l’apertura verso il Medio Oriente e i Paesi emergenti, e i rapporti attenti con il popolo palestinese. Davvero un grande esempio.
Il Pd oggi si intesta battaglie molto identitarie. Sulla Giustizia il profilo garantista ha difficoltà ad emergere, sulla sicurezza le proposte sono deboli. L’opzione riformista è lontana?
Sulla giustizia il Pd ha grandi responsabilità: per gli elementi di subalternità dimostrati; per non aver avuto il coraggio di assumere una linea coerentemente garantista, e di assumere il valore della dignità-libertà della persona come valore fondante in un sistema democratico. Ancora oggi, al di là di un coraggio riformatore che non si vede, non ricordo una parola di solidarietà nei confronti di cittadini la cui vita è stata distrutta da eccessi di giustizialismo, da errori giudiziari a volte sconcertanti.
Lei ha avviato una grande battaglia di democrazia e rappresentanza. Non crede che aver distrutto i partiti, che considerare i Congressi delle celebrazioni della leadership e non la selezione di classe dirigenti e aver abolito il finanziamento pubblico abbia peggiorato la tenuta democratica del Paese?
I partiti sono diventati gusci vuoti. Non sono più strumenti di formazione e di lotta per i diritti e il cambiamento. Sono luoghi di educazione non alla libertà e all’autonomia di pensiero, ma luoghi di educazione all’opportunismo. Sul piano programmatico l’area progressista ha grandi vuoti di analisi, di idee e di proposte: il tema della giustizia, come si è detto; la sicurezza; la sburocratizzazione radicale; in rapporti con il mondo cattolico; il Sud; proposte concrete, non solo slogan sulla sanità; la pace. L’incapacità di affrontare seriamente questi problemi toglie credibilità a una prospettiva di governo.
Un’ ultima considerazione. Nella formazione di De Luca hanno inciso le letture di Gobetti e Gramsci, lo studio di vicende drammatiche e di libertà come quella di Allende. Ad un giovane che si affaccia alla politica che letture consiglierebbe oggi?
Quegli autori conservano tutto il loro valore. Si può partire da lì; ma poi è indispensabile capire la nuova realtà del mondo che cambia; con innovazioni straordinarie, per darsi un orientamento certo. Occorre guardare in faccia il calvario di Gaza, rifiutare la logica della contrapposizione fra il bene e il male, i finti scontri di civiltà. Occorre costruire un mondo multipolare se vogliamo evitare pericoli drammatici per l’umanità.