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16 Novembre 2024

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Il difficile riformismo a Napoli

di Massimo Ricciuti

Diciamocelo chiaramente, così, senza peli sulla lingua. Napoli ha sempre preceduto il Paese per quanto riguarda la percezione di fenomeni involutivi. Essere riformisti a Napoli è come essere “un pinguino all’equatore”. Qualcuno ha definito questa città come una città “porosa”…. In effetti è vero che qui è passato di tutto e tutto è stato assorbito , spesso dando vita a un fortunato e storico caleidoscopio culturale che tanta fortuna ha dato all’immagine della città nel mondo. Molte sono state le figure che da Napoli hanno contribuito alla costruzione del riformismo italiano liberale e socialista (Arfè, De Martino, Croce etc.), ma il problema è che la città pare non essere riuscita a fungere da porto franco per l’incrocio delle varie anime della cultura e della pratica riformatrice. Qui si sbatte sempre contro un muro.
Il riformismo, proprio in quanto portatore di istanze di cambiamento reale e quindi possibile e concreto, è sempre stato visto con diffidenza. Eppure a due passi da chi scrive c’è l’abitazione di Gaetano Arfè, di fronte c’è un vecchio hotel ottocentesco (chiuso da anni) che durante gli anni della guerra ospitava una simpatica casa chiusa che a sua volta nascondeva un luogo di riferimento per i giellini…. Ma, proprio dietro l’angolo, ecco spuntare la sontuosa (quanto sgradevole e kitsch) “Villa Lauro”, simbolo del potere post fascista, monarchico, reazionario di un sindaco rapace e chiaramente epigone di una stagione nera. Nonostante ciò il “comandante” Lauro è ancora ricordato come un nonno generoso da gran parte dei cittadini. Eppure è entrato nella Storia come quello delle “Mani Sulla Città”, della banconota tagliata a metà (metà prima e metà dopo il voto), del paio di scarpe (una prima e l’altra dopo il voto) , dei pacchi di pasta nei quartieri spagnoli…. Achille Lauro ha perfettamente antropomorfizzato lo spirito del partenopeo spezzando ogni mediazione tra popolo e potere, ogni istituzione democratica, interpretando quello che il napoletano ha sempre voluto e preteso : un rapporto diretto e personale con il “regnante”.

In questo solco si sono inserite perfettamente le figure di Antonio Bassolino (dopo la straordinaria esperienza del primo mandato) e poi di Luigi De Magistris. 

Però Napoli è anche la città di Luigi Buccico, di Guido Cortese, della famiglia Compagna, del Sindaco Lezzi, di grandissimi europeisti, del sistema più integrato del trasporto su rotaie (semmai il problema è farle funzionare Ndr.) di Italia. Ricordiamo la targa in memoria di Buccico, alla Stazione Vanvitelli della Metropolitana… Era il dicembre del 1976 quando l’allora assessore ai trasporti e alla municipalità Luigi Buccico e il sindaco Maurizio Valenzi posavano la prima pietra, a Piazza Medaglie d’Oro, di quella che poi fu definita la linea 1 della metropolitana collinare. Fu proprio Buccico, come più volte ha ricordato il compianto Sindaco Valenzi che sottolineò le possibili grandi ricadute sia sul piano economico che sociale (era il Piano delle Periferie) che un simile progetto poteva avere nell’evoluzione di Napoli…

Occorre muoversi, esplorare tutti gli interstizi e cercare di tessere le file di un discorso comune. Nonostante la bufera e gli abissi dell’anima, del tempo e di una città costruita su grotte di tufo.

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