di Anna Adamo
Ho provato a lungo a cercare parole che potessero aiutarmi a descrivere la morte. Che potessero aiutarmi a trovare una spiegazione a quella vita spezzata così presto.
Ma, nulla. Nella mia mente c’è solo il buio, contornato da rabbia e tanto dolore.
Perché, la verità è che davanti alla morte non ci sono parole che tengano.
Non c’è una ragione per cui, un ragazzo come Marcello Panariello sarebbe dovuto morire, a soli ventidue anni, a causa di un incidente stradale, che ha visto scontrarsi lo scooter di quest’ultimo con una macchina probabilmente rubata. Forse questo è il mio peggior difetto, rendere mie parti delle vite altrui. Immergermici completamente.
Però, questa volta, per quanto abbia provato a restarne fuori, a guardare il tutto con gli occhi di una spettatrice alla quale piace scrivere di ciò che quotidianamente avviene, non ci sono riuscita. Probabilmente, perché pochi erano gli anni che separavano me e Marcello.
Perché, il terribile incidente che lo ha strappato alla vita è avvenuto a Scafati, nella mia città di origine, quella in cui ho vissuto fino a pochi anni fa.
Quella in cui ero ritornata con l’intenzione di trascorrere il weekend in famiglia, percorrendo per giunta la stessa strada in cui l’incidente è avvenuto, per tornare a casa, solo qualche ora prima. Ebbene si, ci penso, perché al posto di Marcello ci sarebbe potuto essere ognuno di noi.
Al posto della sua famiglia ci sarebbe potuta essere la nostra.
E voi, un dolore così grande, come lo spiegate ad un genitore? Come si può vivere dopo aver visto un figlio morire?
Che i genitori vedano il proprio figlio morto è una cosa contro natura, davanti alla quale ogni parola sembra di troppo.
C’è il dolore che parla al loro posto. C’è il dolore che parla per tutti noi, probabilmente troppo sconvolti per dire qualcosa di giusto in questo momento.
O forse, troppo consapevoli che nulla basterà per lenirlo, questo dolore.
Troppo consapevoli che non basterà il conforto. Che non basterà il ricordo.
Non basterà pensare che lassù avevano bisogno di un angelo, di un’anima pura come la sua. Perché, lo sappiamo tutti che il posto di Marcello era lì, con la sua famiglia con i suoi amici, a Scafati.
Quella Scafati che oggi piange al pensiero della sua scomparsa.
Quella Scafati che cerca di farsi forza pensando alle parole che pochi giorni fa lui aveva scritto su Facebook: “non arrenderti mai, perché quando tutto sembra finito è proprio il momento in cui tutto ha inizio”.
E forse è vero, quell’ incidente non ha decretato la fine di un qualcosa, ma un nuovo inizio. L’inizio di cui Marcello aveva bisogno per vivere una vita migliore, lontano dalla malvagità che spesso funge da protagonista nella vita terrena.